Caino è tra noi e vuole uccidere il senso del sacro

C ome va a finire la storia di Caino lo sappiamo da qualche migliaio di anni. Tanto che anche Paola Capriolo nel suo romanzo omonimo appena arrivato in libreria per Bompiani (pagg. 180, euro 16) apre con la fine, il resoconto dell’agente di polizia che, suonato il campanello di una insospettabile casa della ricca borghesia di una qualunque città italiana, potrebbe essere Milano, viene ricevuto da una donna bella, ricca, scolpita da ore di massaggi, estetisti e palestre, in vestaglia e sotto choc, che lo guida fino ad una stanzetta angusta dove trova il corpo di un uomo impiccato. E come nei migliori romanzi filosofici, in cui si può partire dalla fine perché non è negli accadimenti ma nelle parole che sta il tema, Caino si sviluppa proprio per spiegarci come quel suicidio fosse l’unico finale possibile.
L’enigma del male: se si può parlare di attualità per un tema del genere, che rimane comunque inusuale e purtroppo desueto per la minimale letteratura italiana, rileviamo che il nome di Caino è stato anche il titolo di uno spettacolo teatrale nato dalle poesie di Mariangela Gualtieri qualche mese fa (Einaudi, pagg. 108, euro 10): «Solissimo in un deserto abbagliante, a muso duro, con un fratricidio che pesa sulle spalle, la maledizione della terra, la lontananza dal volto della divinità». Così la Gualtieri su Caino.
E così è il personaggio protagonista delle pagine di Paola Capriolo: è il padrone di casa, come la figura biblica era padrona della terra. Ha al suo servizio l’umile sudamericana Milagro, una ragazzina minuta e all’apparenza insignificante, di quella semplicità interiore narrata come propria della Vergine o di Bernadette. È l’uomo in carriera che lavora nel marketing affinché si possa «capire cosa vuole la gente, e fare in modo che la gente voglia qualcosa». È il marito di Giulia, moglie di algida ipocrisia politicamente corretta. È il padre del Bambino, pupo allarmato e allarmante, già corrotto da incommensurabile stizza.
Milagro è il minuscolo monolite che scuote questa gretta normalità. Crede e vede, sul suo corpo si abbattono il Bene grazie a una serie di miracoli - levitazione, apparizioni, estasi - e il Male: Caino poco a poco smette di essere marito, padre, manager e diviene il sicario di quel mistero malvagio, che avrà come missione annientare Milagro, la sua assenza di desideri e bisogni, simbolo di una purezza per lui perduta per sempre.
La sfida del romanzo è l’incontro tra il dio della colpa e quello del perdono, tra Caino e Cristo. La soluzione è comunque l’inesorabile scivolamento verso la tragedia. Ma il percorso è inedito, lo stile anche.

Milagro e Caino sono marionette di un ipnotico thriller dell’anima, con pennellate di Poe, Freud e cronaca nera: ragni, rose azzurre, ultimi messaggi biblici, ma anche parchetti da attraversare mentre teste rasate gridano «Sporca negra».

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