Calce e carrello, il Pd rischia a Perugia

Perugia«Appalti & Favori». Non c’è bisogno di aggiungere altro. Il titolo che la sezione Criminalità organizzata della Polizia di Perugia ha dato all’inchiesta sull’Appaltopoli del capoluogo umbro è tutto un programma. Nella verde Umbria, terra di Santi, agriturismi e quieto vivere, sembra si annidasse un «sistema collaudato» di favori tra imprenditori e funzionari pubblici. In pratica, stando alla tesi dell’accusa, ci sarebbe stato nel corso degli ultimi anni chi pilotava le gare di appalto e addirittura indicava di volta in volta le imprese da invitare e quelle alle quali aggiudicare la gara, contattando preventivamente gli imprenditori prescelti e quelli che non avrebbero dovuto presentare offerte. Chi apparteneva al giro riceveva precise indicazioni sulle proposte formulate e sulle percentuali di ribasso da indicare.
Secondo i capi di imputazione, coloro a cui venivano assegnati i lavori, distribuivano i compensi ai funzionari compiacenti. In questo do ut des ben oliato ricostruito dalla Procura, è finito anche Riccardo Fioriti (Pd), già assessore alla Viabilità della Provincia di Perugia, ora dimesso e indagato.
Il terremoto abbattutosi a giugno, all’indomani delle trentacinque ordinanze di custodia cautelare richieste dal pm Manuela Comodi, si pensava lasciasse macerie difficili da ricomporre. Invece ha avuto l’effetto di un brivido freddo. Niente di più. Nessuno sgomento, nessuna evidente indignazione, l’accorato appello alla presunzione di innocenza. Niente ha scalfito alleanze o equilibri, rimasti più solidi di prima. Il presidente della provincia Giulio Cozzari (ex Margherita) ha detto subito di non essersi «mai accorto» del giro di affari che si consumava a pochi metri dal suo ufficio. E insieme alla maggioranza ha pensato di dar vita a «un’azione conoscitiva e di proposta» sull’intera vicenda.
Mentre nel cuore verde del paese proliferavano palazzi, opere pubbliche e centri commerciali (qualcuno in Umbria la chiama la stagione della «calce e carrello»), finivano in carcere o agli arresti domiciliari quattro dirigenti della Provincia, il presidente dell’Associazione dei costruttori edili di Perugia, tre imprenditori e altre ventisette persone. Nella lista degli indagati compaiono anche l’ex capo compartimento dell’Anas, il responsabile del servizio affari generali della Direzione Ambiente-Territorio e Infrastrutture della Regione.
Oggi sono quasi tutti liberi, ma l’inchiesta si avvia alla conclusione. Le ipotesi di reato sono pesanti: corruzione, turbativa d’asta e associazione per delinquere. Tra le opere finite nell’indagine della magistratura ci sono piccoli e grandi lavori, come la bitumatura di una strada in occasione del passaggio del Giro d’Italia (243 milioni di euro) o l’imponente nodo autostradale «Perugia-Bettolle», inserito in un secondo stralcio di indagine insieme alla costruzione del Minimetrò. Ancora al vaglio dei periti nominati dal pubblico ministero ci sono invece l’appalto sulla rupe di Massa Martana e la costruzione di una caserma della Guardia di finanza. Altri due capitoli su cui fare chiarezza.


Lo scenario che prefigura l’accusa, è quello di favori in cambio di false attestazioni «sull’aumento imprevisto e imprevedibile dei costi di appalto», suffragato anche da testimonianze di chi ha ammesso di aver pagato funzionari della Provincia fino a 10mila euro. Ma ci sono anche casse di vino, televisori, camere di albergo, camicie e cravatte firmate. Di tutto un po’.

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