Per esempio Dominique Van Dijk, 26 anni, olandese: magari non è un nome di grande richiamo, però forse il ct campione del mondo dovrebbe conoscerlo, meglio da lontano per carità. Dominique Van Dijk è un calciatore e - particolare che sembra essere determinante - è pure gay dichiarato. Eppure non esiste, almeno a sentire Marcello Lippi che ieri - in un’intervista data via web sul canale del massmediologo Klaus Davi - ha assicurato che «in 40 anni di carriera non ho mai conosciuto giocatori omosessuali, né mai ne me hanno raccontato».
Per carità, nessuno dubita delle parole del nostro tecnico azzurro, soprattutto perché ormai assurto a gloria imperitura dopo Germania 2006. Ma perché, sentendo le sue parole, sembra proprio che l’argomento al calcio faccia perfino un po’ ribrezzo? Le prove sono ormai lampanti, in fondo si dice che il calcio non è uno sport per signorine, e in questo caso a maggior ragione. Giusto sui giornali di ieri campeggiavano le dichiarazioni di Fabio Cannavaro, il capitano dell’Italia mondiale, che sulle nozze gay alla spagnola esprime qualche (per la cronaca: legittimo e condivisibile) dubbio. Eppure qualcuno faceva notare che lo stesso disagio Cannavaro non l’ha vissuto per la sponsorizzazione Dolce&Gabbana, per la quale tra l’altro è diventato poi un’icona di quelli un po’ così. Così come, giusto poco tempo fa, pure Luciano Moggi assicurava stentoreo: «Nel calcio non ci sono gay, né tra i calciatori, né tra i dirigenti. Non è razzismo, è un fatto di ambiente. Il calcio è un ambiente particolare, si sta nudi negli spogliatoi...».
Certo, vuoi mettere poi raccogliere la saponetta? Insomma, sembra una barzelletta ma non lo è, ognuno può pensarla come vuole sulla condizione degli omosessuali nel mondo, ma nello sport - e soprattutto nel calcio - non se ne può proprio parlare. Anche se lo stesso Moggi - bontà sua - diceva che non era certo colpa loro: «Non ho amici omosessuali, frequento altre persone. Ma devo dire che gli omosessuali sono persone molto intelligenti, hanno la capacità di vedere le cose molto più di altri. Un gay non è certo da lapidare, ma il mondo del calcio non è fatto per loro». Insomma, gli manca solo la parola. Vabbè, poi ci sono le leggende, come quella di quel feroce litigio tra due ex compagni di squadra perché in campo, tra un tackle e una scivolata, si era fatto il resoconto particolareggiato delle abitudini sessuali di uno dei due. Ma che volete, sono cose da caserma, anzi da spogliatoio.
E se c’è gente come Martina Navratilova nel tennis o Greg Louganis nei tuffi che può vincere senza nascondersi, la verità è che è solo un lusso da numeri uno. Gli altri invece - come riportato da una recente inchiesta - rischiano la carriera: lo ha scrtitto The Guardian, quotidiano di un Paese considerato «gay-friendly» nel quale John Fashanu (ricorda Lippi? quello il Fashaaaanuuuu di Teo Teocoli), primo calciatore dichiaratosi omosessuale, è finito suicida dopo un’accusa falsa di stupro da parte di un ragazzo con conseguente clamore mediatico. Fosse stata una donna chissà come sarebbe andata. In pratica, il problema è questo: perché l’argomento deve spesso spuntare qua e là nelle interviste agli eroi del pallone?
Risposta: serve a rassicurare i tifosi e a far lavorare l’ormai deputato pensionato Franco Grillini, pronto a ricordare inevitabilmente - e anche questa volta - che di quelli così in serie A ce ne saranno «almeno una ventina». Cosa che, tra parentesi, sarebbero nel caso fatti loro. Meno male però, dice Grillini, che il ct non discrimina: «Non escluderei mai un gay dalla Nazionale - ha detto Lippi -. E se qualcuno poi mi rivelasse di esserlo gli consiglierei di comportarsi in modo professionale in campo, ma di fare ciò che vuole in privato».
E meno male anche che alla fine si torna a parlare di calcio e della Juve, la squadra che il nostro ct non ha dimenticato e nella quale non esclude di tornare: «Adesso ha una perla di allenatore e ottimi dirigenti, ma mai dire mai». Ma che fa, Lippi: ammicca?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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