Calcio, le grandi iniziano male. Milan battuto

Nonostante gli acquisti i rossoneri come la scorsa stagione: tante occasioni, ma poi a San Siro vince il Bologna. Ancelotti: "Non dite che abbiamo sbagliato acquisti". Il Napoli frena la Roma. La Juve incanta Firenze, ma si dimentica Gilardino

Calcio, le grandi iniziano male. Milan battuto

Eravamo rimasti al Milan sciatto e spuntato, uscito dalla Champion e staccatissimo dall’Inter, e da quello siamo ripartiti, tre mesi dopo. E al culmine di un mercato definito all’unanimità sontuoso, anche se un pizzico schizofrenico, irrazionale, tutto attacco e poco centrocampo, una toppa in difesa ritagliata nel corso dell’ultimo assalto all’Arsenal. È il Milan di sempre allora, castigato alla prima domestica del nuovo campionato da un Bologna tutt’altro che irresistibile. Messo sotto nel risultato non dallo svolgimento del gioco da un rivale che pratica un calcio elementare e ricorre al vecchio contropiede per mettere in croce Abbiati. Eravamo rimasti al Milan distratto e anche sciupone, specie in attacco e da quello siamo ripartiti. Nonostante le magie di Ronaldinho e la corsa elementare di Flamini, nonostante l’effetto scenico del ritorno di Shevchenko e il sostegno di Zambrotta. Tutti gli errori di mira, di Pippo e del figliol prodigo Sheva possono spiegare il mancato successo e anche altro, ma non certo la sconfitta che diventa un piccolo caso scolastico di come non si debba allestire una squadra con velleità di primato, di scudetto per ripetere la parolina magica che circola a Milanello da almeno quattro settimane.
Inzaghi può sbagliare, non è una macchina da gol anche se del gol ha fatto la sua bandiera, diciamo pure l’essenza della sua carriera. Ne sbava almeno un paio, a due passi dalla porta, mentre tutta la difesa del Bologna, intontita dai numeri di Ronaldinho, se ne sta a guardare. «Se fanno tutto loro è meglio» chiosa Antonioli cresciuto da queste parti e un giorno ripudiato perchè prese un golletto fasullo da De Agostini nel derby e Fabio Capello, feroce precettore, non ne volle più sapere. Può sbagliare anche Sheva, come gli succede raramente davanti alla porta, a due metri, non di più, cose che un tempo gli riuscivano a occhi chiusi. E gli succede proprio nel giorno in cui Milano rossonera gli tributa un’accoglienza degna di un milanista doc, quasi fosse tornato Marco Van Basten o Gullit a miracolo monstrare. E invece Sheva avrà anche gli stessi test atletici di due anni prima ma è come frenato, nello scatto e non solo, dall’inferno londinese: si capisce, molto francamente, come mai quelli del Chelsea lo abbiano relegato in tribuna senza per questo passare per incompetenti. È uno Sheva arrugginito, questo. E bisogna lavorare di gomito per tirare fuori l’argento vivo che c’è.

Ma i peccati tattici commessi dal Milan sono gli stessi commessi giusto un anno prima, contro Empoli e Catania, contro Samp e Atalanta, a San Siro cioè, terreno di grandi conquiste per i suoi rivali. Sono peccati che chiamano in causa Carlo Ancelotti e il suo modo, un po’ allegro in verità, un po’ superficiale forse, di allestire la compagnia rossonera senza tener conto delle esigenze assolute. Se hai Dinho e Sheva che non rincorrono, se hai Seedorf che non torna neanche sotto tortura perchè non si addice a uno come lui, se dietro oltre ad Ambrosini e Zambrotta, c’è Pirlo che non è propriamente un gladiatore, qualche misura va presa a protezione della vita suprema di Abbiati. E lo schieramento alla spagnola si mostra un eccesso. Abbiati, già: non ha nemmeno il meglio dello spogliatoio da sfruttare, non ci fosse l’eterno Maldini, sarebbero dolori già prima delle due stoccate di Di Vaio e tale Valiani, l’autore dello spettacolare 1 a 2.
Qualcuno oserà sostenere che con quel Ronaldinho, il tricolore è assicurato egualmente.

E che forse, da solo, potrà vincere più di una partita e magari attendere il miglior Sheva e Pippo o la guarigione di Borriello per far pesare il suo estro. A chi lo sostiene in buona fede, misureremo la temperatura. A tutto il Milan consigliamo di darsi una regolata.

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