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Il calcio italiano fregato dall’Arsenal

Vuoi vedere che il Bamba porta fortuna a chi se lo piglia fra i denti? Due esempi. Lo abbiamo assegnato alla Sampdoria che, dopo averlo signorilmente incassato, ha infilato quattro vittorie consecutive (12 punti) lasciando in tribuna Cassano. Lo abbiamo assegnato a Lotito, la scorsa settimana, e la sua Lazio annaspante - sostituito l’allenatore e ripescato Ledesma - è andata a Parma e ha raccattato tre punti di speranza.
Non immaginavamo che distribuendo Bamba avremmo fatto del bene. Ma se è così, lunga vita al premio. Che questa settimana vorremmo donare - forse ci siamo montati la testa - addirittura al «sistema calcio italiano» al quale si deve il declino dei cosiddetti «settori giovanili», un tempo formidabili scuole di sport e serbatoi di campioni a zero euro. L’ispirazione ci è venuta leggendo una storia che lascia senza fiato e poi fa girare i sacri gingilli.
L’Arsenal, ottima società inglese, data la crisi economica che minaccia di impoverire il livello tecnico degli organici (basta con gli acquisti milionari sul mercato internazionale), ha deciso di investire gli ultimi spiccioli in «allevamenti» di ragazzi talentuosi. Fin qui tutto normale: semplice pragmatismo. La notizia è che l’Arsenal uno di questi «allevamenti» lo ha impiantato indovinate dove? A Milano, cribbio.
Non è nostra intenzione dare il via a una campagna per il rilancio dell’autarchia né a una difesa dei piedi italici. L’Europa non ha frontiere e anche all’Italia tocca adattarsi alle leggi della libera circolazione dei lavoratori. Se noi andiamo all’estero per affari, giusto che gli stranieri vengano qui a farne.
Il problema è un altro. Se gli inglesi organizzano una scuola di calcio a Milano significa che qui potenzialmente ci sono allievi da crescere e da esportare. E allora perché i club nostrani non si sono accorti di avere a portata di mano una miniera che altri sfrutteranno? Stupidità? Non direi. Piuttosto, temiamo preferiscano comprare atleti già fatti in ogni continente nella convinzione - errata - che non valga la pena di spendere tempo, energie e denaro per crearseli in casa, selezionando i fanciulli più promettenti e insegnando loro come si diventa grandi calciatori.
Risultato. Ingaggiamo a caro prezzo fior di brocchi, o giocatori di media statura tecnica, e trascuriamo i gioielli che abitano sul nostro pianerottolo, e che d’ora in poi ci soffierà la perfida Albione.
Se questa non è un’idiozia, ditemi voi. Da notare che per anni avevamo seminato nel nostro orto raccogliendo quasi gratis frutti eccellenti. Poi abbiamo abbandonato i vivai e ci siamo svenati per rifornirci all’estero, e la Nazionale azzurra rischia di morire dissanguata.
Quindi, Bamba collettivo.

E un incoraggiamento alle società (poche) che non hanno mai smesso di credere nei «prodotti» della nostra terra.

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