Il calcio mette fuorigioco Maroni: «Non chiediamo tutto agli arbitri»

RomaSul tema razzismo non c’è da abbassare la guardia, ma il calcio frena in maniera decisa sulla proposta del ministro dell’Interno Maroni: affidare agli arbitri la responsabilità di sospendere le partite in caso di cori o striscioni di stampo razzista. «Se le norme cambiano non ci tiriamo indietro, ma ai fischietti si chiede già tutto», è il parere unanime di Federcalcio e Aia. «Bisogna essere prudenti ad assegnare all’arbitro un’altra responsabilità, potrebbero sorgere complicazioni...», rilancia il numero uno dell’Assocalciatori Campana. «Linea della fermezza sì, ma c’è da studiare il sistema più efficace», la formula del presidente della Lega calcio Beretta.
L’argomento fa discutere anche nell’hotel di Fiumicino, da anni palcoscenico dell’incontro di metà campionato tra arbitri, dirigenti, capitani e allenatori di A e B. Ancora una volta, si è registrato un flop dal punto di vista delle presenze (appena sette su 20 i tecnici della massima serie intervenuti) ma almeno si sono mantenuti toni distesi nel confronto su falli, ammonizioni e casi da moviola. C’è chi parla di demagogia (Cosmi), chi come il ct Lippi dice che il problema sarebbe «distinguere i cori razzisti da quelli di antipatia», chi come Liverani, che ha già vissuto gli insulti sulla sua pelle, va giù dritto: «Non importa chi decide, basta un po’ di coraggio». «Tanto per i cori razzisti non fermeranno mai le partite...», dice tra il serio e il faceto Francesco Totti, che 4 anni fa disse stop a un derby per evitare un rischio-guerriglia. «Già li massacrano così, figuriamoci che può succedere se gli arbitri sospendessero una partita...», così il capitano della Samp Palombo che spezza una lancia a favore dei fischietti.
Insomma, la proposta che arriva dal Viminale convince poco. E i vertici del nostro calcio tirano il freno, pur senza trascurare il problema. «Nessun intento polemico, federazione e ministero remano dalla stessa parte - sottolinea il presidente Figc - ma bisogna valutare la situazione nella sua interezza. Secondo la circolare del ministero, la decisione sulla sospensione del match compete al responsabile dell’ordine pubblico. Se verrà cambiata la norma, ci adegueremo, ma all’arbitro si chiede già tutto e di più. Gli si chiede di vedere i falli senza un aiuto tecnologico, di valutare l’azione in tempo reale, di ascoltare i cori e ora anche di decidere in autonomia di interrompere la partita».
Abete fa un richiamo anche alle norme Uefa, in particolare all’articolo 5: «Nell’esecutivo di luglio a Vilnius è stata definita la condivisione della decisione tra l’arbitro, il delegato Uefa alla sicurezza, quello indicato per il match e il responsabile della sicurezza dello stadio. La Figc si muove nell’ambito normativo europeo e, ricordo, si è mossa in netto anticipo (sugli striscioni, ndr) rispetto ai provvedimenti dell’Uefa».
Il designatore Collina, oltre a rimarcare l’assenza di una norma specifica anche a livello europeo, evidenzia una difficoltà tecnica: «Direttori di gara e assistenti, già concentrati sulla partita, usano un auricolare per le comunicazioni interne che isola completamente un orecchio. In pratica, solo il 50 per cento dell’udito percepisce ciò che avviene nell’ambiente circostante. Ma se le norme cambieranno, gli arbitri non potranno che adeguarsi».

Invoca cautela il presidente dei fischietti Nicchi, più di altri perplesso sull’idea di Maroni: «E se a un arbitro dovesse sfuggire un coro o uno striscione o valuti sulla base di un coro che non era pesante, quali sarebbero le conseguenze?». In un calcio come il nostro, facilmente immaginabili.

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