"Io Mussolini? Il problema è degli altri"

Il pronipote del Duce alla Cremonese: "Penso al campo, non ai pregiudizi della gente"

"Io Mussolini? Il problema è degli altri"
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nostro inviato a Cremona

Credere (nel progetto Cremonese); obbedirle (agli ordini di mister Nicola); combattere (in campo).

Per chi si chiama Romano Benito Floriani Mussolini la cosa viene facile, ma non perché il 22enne terzino destro accasatosi nel club del cavalier Arvedi porta quel cognome «impegnativo», ma piuttosto perché il ragazzo mostra di essere maturo, talentuoso e pugnace al punto giusto. Del resto, se non fosse così, la Cremo non lo avrebbe scelto per indossare la maglia grigiorossa ora che è tornata a sfilare sulla passerella del prêt-à-porter della serie A.

Cresciuto nel settore giovanile della Lazio, Mussolini jr viene dalla Juve Stabia dove l’anno scorso il suo primo gol in carriera venne festeggiato dai tifosi con modalità che qualcuno definì addirittura «nostalgiche del Ventennio fascista». Ma, allora come oggi, Romano ignora pregiudizi e allusioni. Insomma, tira dritto, cosciente che «chi si ferma è perduto». E lui ha le carte in regole per non perdersi e, chissà, trovare la strada maestra che porta in Nazionale. Anche se sa bene che, per quella, come diceva il bisnonno, «non basta essere bravi, bisogna essere i migliori ». Intanto, visto che solo «chi osa, vince», il neo acquisto della Cremonese si è presentato ieri alla stampa già con l’educata baldanza del veterano. Un cocktail caratteriale frutto della genetica familiare: una goccia della «garra» della madre Alessandra Mussolini, un pizzico della genialità di nonno Romano e una spruzzatina del fascino della prozia Sophia Loren. Una spremuta di temperamento che lo ha portato ieri in conferenza stampa a liquidare la questione del cognome «ingombrante » con una battuta: «A me non ha mai creato problemi, forse ad altri sì… Sono qui per giocare. E voglio essere giudicato solo per ciò che faccio in campo». Il discorso fila, ma la polemica (pretestuosa) scoppiata lo scorso anno a Castellammare di Stabia dimostra che le anime belle in servizio («antifascista ») attivo e permanente non perdono occasione per inventarsi «casi» frutto solo di incrostazioni ideologiche. Di cosa parliamo? Dicembre 2024. Campionato di serie B, la Juve Stabia (squadra in cui militava il giovane Mussolini) affronta in casa il Cesena. Romano segna il primo gol della sua carriera da professionista, rete pesante visto che i campani vincono il match 1 a 0. Ma alla fine della partita comincia ad essere virale sui social il «video dello scandalo ». Cioè? Subito dopo il gol messo a segno da Romano, come avviene in tutti gli stadi italiani, lo speaker ufficiale del club ospitante scandisce il nome del marcatore con i tifosi che sillabano il cognome del goleador: in questo caso «Mu-sso-li-ni!». Tutto normale? Macché. Le sentinelle h24 della politicamente corretto si inalberano per quel cognome «proibito » urlato (sportivamente) ai quattro venti e per le braccia alzate in segno di giubilo (calcistico), bollandoli come «atto di esaltazione del reducismo del Ventennio ».

Ieri, nel ricordare l’episodio, a Romano, fino ad allora serissimo (pure troppo), scappa finalmente un mezzo sorriso: «Assurdo. La stessa scena, con le medesime modalità, avviene ovunque ». Peccato che qui evidentemente faceva comodo a qualcuno strumentalizzare un cognome che fa notizia.

Romano è troppo gentleman per dirlo con chiarezza, ma si capisce bene che sul «fronte Benito» - non ama essere tirato per la camicia (non nera), anche perché ieri ne sfoggiava una bianca con i bordini grigiorossi.

E che dire di quelli a cui piace vedere il «rischio fascismo » perfino in un calciatore di 22 anni? La risposta di mamma Alessandra Mussolini è gladiatoria: «Ce ne freghiamo!».

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