Calcio

John Elkann, il vero vincitore nel caos Juventus

Il terremoto che ha azzerato i vertici della Juventus è solo l'ultimo episodio della lotta fratricida tra i due rami della famiglia Agnelli. I dissapori tra Andrea e John hanno radici profonde. Ecco cosa c'è dietro. Il messaggio di Elkann in una nota

Il presidente di Exor John Elkann
Il presidente di Exor John Elkann
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Ancora una volta, i mondiali portano male alla Vecchia Signora. Se il fulmine a ciel sereno di Calciopoli arrivò prima del calcio d’inizio di Germania 2006, stavolta la società ha agito d’anticipo, prima di essere costretta ad agire incalzata dalle tante nubi all’orizzonte. Le voci su possibili cambiamenti al timone delle società che fanno capo alla famiglia Agnelli si rincorrevano da mesi ma nessuno si aspettava davvero che, nel giro di poche ore, fossero azzerati entrambi i vertici di Juventus e Ferrari. Basta dare un’occhiata a chi ha preso il controllo per rendersi conto che sono tutti fedelissimi del deus ex machina nemmeno troppo nascosto, il presidente della cassaforte Exor John Elkann. Inutile nascondersi dietro ad un dito, epurazione doveva essere ed epurazione è stata, fatta con un taglio netto, pulito, come si fa quando un arto va in cancrena e rischia di uccidere il paziente. Orientarsi nel caos che rischiava di travolgere la Juventus non è semplice ma le ragioni dietro all’intervento a gamba tesa di quella che molti definiscono la “parte sana” della casata più ricca e famosa d’Italia non mancano di sicuro.

La scusa? Prisma e Il buco di bilancio

Il gioiello più brillante, la società nella quale vincere è l’unica cosa che conta si è trasformata in un’infinita fonte di imbarazzo, dal buco in bilancio che assomiglia ad un pozzo senza fondo (254 milioni di euro di perdite nonostante il ricorso sistematico a plusvalenze fittizie condannate dalla Consob) alle temute conseguenze dell’operazione Prisma della Procura di Torino ai tanti azzardi di mercato disastrosi, fatti per rimediare al dissesto generato dalla madre di tutte le scommesse, l’operazione Ronaldo. Il grande sconfitto, Andrea Agnelli, nella lettera di dimissioni dice che è “meglio lasciare tutti insieme dando la possibilità ad una nuova formazione di ribaltare quella partita”, frase condivisibile che ha però scatenato i soliti complottisti. Il fatto che gli unici rimasti al proprio posto siano i dirigenti arrivati dopo le presunte irregolarità fa sospettare che Elkann abbia voluto prendere in contropiede la Procura della Figc, che starebbe valutando se revocare la sentenza sportiva con la quale la Juve era stata assolta. Per il procuratore Chinè sarebbe difficile dimostrare che il falso in bilancio sarebbe stato necessario per consentire l’iscrizione al campionato, reato punibile secondo l’articolo 31 del codice di giustizia sportiva con l’ennesima retrocessione d’ufficio. Il comma 1 prevede invece una multa, la squalifica dei giocatori coinvolti e l’inibizione dei dirigenti coinvolti, ovvero quello che è stato appena fatto in casa Juve.

Una faida dalle radici antiche

Di ragioni, insomma, ce ne sono parecchie ma, secondo i soliti bene informati, la mossa clamorosa di John Elkann è solo l’ultimo episodio dell’ennesima faida in casa Agnelli, il regolamento di conti di un’inimicizia dalle radici profonde tra i due rami della casata. John, insomma, aveva solo bisogno di una scusa plausibile per rimuovere in maniera poco elegante il poco amato cugino. Sulle risse interne agli Agnelli si sono scritti montagne di libri e non è il caso di ripercorrerle tutte ma spesso e volentieri è stato proprio il fiore all’occhiello dell’impero, la società più seguita d’Italia, ad essere il teatro degli scontri più cruenti. Come dimenticare la guerra negli anni ‘90, quando dopo la dolorosa defenestrazione di Umberto, a Boniperti, braccio operativo dell’Avvocato, si contrapponevano Moggi, Giraudo e Bettega. Fu grazie a loro che la Vecchia Signora tornò a vincere e riuscì a risanare i conti, ma questo non fu sufficiente ad evitare che, al primo passo falso, la corrente opposta li criticasse pesantemente. Calciopoli spazzò via tutto e tutti, segnando il passaggio di consegne. La restaurazione non durò molto e qualche anno dopo toccò al figlio di Umberto, Andrea Agnelli, prendere la presidenza. Chiaramente fino a quando la Juve dominava in lungo e in largo ai rivali è toccato digerire le cadute di stile, le operazioni spericolate e tutto il resto. Quando la striscia si è interrotta e le eliminazioni in Champions sono diventate la normalità, è stata solo una questione di tempo. Fa riflettere perché si sia scelto proprio questo periodo di pausa innaturale del calcio, con l’attenzione dell’universo pallonaro puntata sul Qatar o sul mercato invernale. Lo stile Juve imporrebbe di scegliere un momento tale da minimizzare l’eco del terremoto, ma con l’Italia a casa non si parlerà d’altro fino alla ripresa della Serie A. Insomma, difficile immaginare un’umiliazione più pubblica. La cosa non dovrebbe sorprendere: tra i cugini l'inimicizia ha radici tanto profonde quanto antiche.

Questione di stile e sostanza

La riedizione dello scontro tra Gianni e Umberto si è approfondita con il passaggio alla nuova generazione. Le differenze tra i due cugini non potrebbero essere più grandi, nate in gran parte con lo scontro di potere che consegnò il controllo della cassaforte di famiglia al nipote dell’Avvocato. Tanto riservato e understated John, tanto esuberante e sopra le righe Andrea, tutti i sorrisi di circostanza del mondo non riescono a nascondere il fatto che le ruggini tra i due siano parecchie. Lo stile è sostanza, specialmente in una famiglia in vista come gli Agnelli, tanto da far considerare imperdonabili comportamenti che nel mondo delle star sono normalissimi. La memoria corre allo scandalo di qualche anno fa, quando Andrea abbandonò la moglie Emma Winter ed i due figli per mettersi insieme alla moglie dell’amico Francesco Calvo, l’ex responsabile marketing della Juve Deniz Akalin. A sentire Gigi Moncalvo, grande esperto di cose bianconere, la cosa non sarebbe andata giù alla moglie di John, Lavinia, che l’avrebbe giurata ad Andrea. La decisione di farlo fuori sarebbe nata già allora ma fino a quando la Juve vinceva è toccato masticare amaro. A rendere insanabile la frattura, poi, il controverso abbandono del miglior dirigente sportivo degli ultimi 30 anni, quel Marotta vero responsabile della striscia di successi bianconera. L’operazione Ronaldo, fortemente voluta da Andrea e l’azzardo della Superlega sarebbero state le gocce che hanno fatto traboccare il vaso.

In gioco la cassaforte di famiglia

I più maligni, poi, sospettano che le ragioni vere sarebbero altre e che la pietra del contendere sia l’enorme patrimonio di famiglia ed il complicatissimo sistema di scatole cinesi che garantisce il controllo a John. La causa intentata in Svizzera da Margherita, madre di John e Lapo Elkann, rischia di far saltare questo castello di carte e riaprire lo scontro all’arma bianca tra i vari rami della galassia Agnelli. In ballo ci sarebbero decine di miliardi ed il favoleggiato tesoro che secondo alcuni sarebbe stato nascosto a Ginevra ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Insomma, la Juve sarebbe solo il terreno di scontro più pubblico di una guerra che potrebbe trascinarsi per anni e frantumare ancora di più la famiglia più celebre d’Italia. Questo punto sicuramente va a John Elkann ma ne sentiremo ancora parlare a lungo. E pensare che senza la tragica morte di Giovannino, il figlio di Umberto erede designato della dinastia, amato e rispettato da tutti, ci saremmo potuti risparmiare questa lotta fratricida. Vedremo come si evolverà la situazione ma certo la speranza di tutti è che a soffrirne non sia proprio il gioiello di famiglia, quella squadra dai colori bianconeri che, nel bene o nel male, unisce l’Italia.

Giovannino Agnelli

Elkann ringrazia il cugino e parla del nuovo cda

''Voglio ringraziare mio cugino Andrea per averci dato emozioni straordinarie, che non dimenticheremo mai''. In una nota il ceo di Exor, John Elkann, interviene sulla vicenda Juventus dopo le dimissioni di lunedì sera dell'intero cda della società bianconera. ''In questi 12 anni abbiamo vinto tanto. Il merito è soprattutto suo, oltre che delle donne e degli uomini che sotto la sua guida hanno raggiunto obiettivi memorabili''. Poi si sofferma, invece, sul cda dimissionario e su quello che verrà: "Le dimissioni dei consiglieri di amministrazione della Juventus rappresentano un atto di responsabilità, che mette al primo posto l’interesse della societa. Il nuovo board, che nascerà a gennaio - prosegue- sarà formato da figure di grande professionalità sotto il profilo tecnico e giuridico, guidati del presidente Gianluca Ferrero: insieme agli altri amministratori, avrà il compito di affrontare e risolvere i temi legali e societari che sono sul tavolo oggi.

Confido che la società riuscirà a dimostrare di aver agito sempre correttamente".

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