È il campionato 1992-93. La Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori sogna l’Europa e investe con ambizione: arrivano Ciccio Baiano, reduce dal Foggia di Zeman, il terzino Daniele Carnasciali, e due talenti internazionali come Brian Laudrup e Stefan Effenberg. In attacco c’è già Gabriel Omar Batistuta, il centravanti che diventerà Re Leone. Una rosa sontuosa, un progetto che sembra destinato a riportare Firenze tra le grandi. Oggi, trent’anni dopo, la scena pare riproporsi con un'inquietante assonanza: la Viola ha speso 90 milioni sul mercato, eppure si ritrova ultima in classifica. La storia sembra tornare, come un fantasma che scampanella alle porte del Franchi.
Dall’apoteosi al ridimensionamento
Tornando a quel 1992, la partenza è promettente: due pareggi contro Genoa e Lazio, poi uno scintillante 7-1 rifilato all’Ancona. Radice sorride in panchina, Cecchi Gori gongola in tribuna. Ma il Milan di Capello piomba al Franchi e infligge un umiliante 3-7. È una doccia gelata, un ridimensionamento brutale. Eppure la Fiorentina reagisce: il 6 dicembre 1992 stende la Juventus 2-0, lo stadio ascende in paradiso, la squadra è seconda alle spalle dei rossoneri. Firenze sogna, convinta di avere finalmente una squadra da vertice. Nessuno immagina che un incubo di proporzioni inimmaginabili si stia per materializzare.
Punto di rottura: 3 gennaio 1993
Il 3 gennaio del 1993 al Franchi arriva l’Atalanta di Lippi. Batistuta e compagni costruiscono occasioni a manovella, ma non segnano. E la Dea li punisce: 0-1. Cecchi Gori è fuori di sé per la chance fallita. Ai microfoni Rai, nel post partita, viene fuori un surreale alterco sulla difesa a zona, e Radice viene clamorosamente esonerato. È il rumore del vetro che si infrange: un gesto impulsivo che smantella equilibri fragili. Al suo posto arriva Aldo Agroppi, fermo da anni e con un passato tumultuoso a Firenze. Lo spogliatoio entra in rotta di collisione, la squadra precipita. Sconfitte con Foggia, Lazio e Ancona, poi una serie interminabile di pareggi e cadute. Il 25 aprile la Juventus travolge la Viola 3-0: Agroppi viene cacciato, subentra Chiarugi. Ma è troppo tardi. Il 6 giugno la Fiorentina travolge il Foggia 6-1, ma spera invano in un favore della Roma contro l’Udinese. I friulani pareggiano, lo stadio si ammutolisce. Dopo 54 anni, la Viola retrocede in Serie B nel più incredibile dei modi: con una rosa di top player, dopo essere stata seconda in classifica.
Una città ferita, ieri come oggi
Firenze reagisce con rabbia e dolore. Batistuta resta, e proprio restando diventa leggenda: simbolo di fedeltà, eroe che riporterà la squadra in A. Ma quella retrocessione resta un monito pressante, confermando come l'elemento psicologico - nel calcio come nella vita - faccia tutta la differenza del mondo. I nomi non bastano, se manca la coesione. Senza unità, i milioni spesi evaporano sul campo. Oggi, trent’anni dopo, la Viola è di nuovo ultima, e il fantasma del ’93 torna a bussare.
La storia, se non la si ascolta, è pronta a ripetersi. Il Franchi trattiene il fiato, augurandosi che la fuliggine che avviluppa la viola possa stavolta dissiparsi. Un intero popolo, ieri come oggi, resta sospeso tra irrefrenabile passione e sentimenti luttuosi.