L'ennesimo capolavoro di Conte, il grande artefice dello scudetto del Napoli

Il tecnico leccese ha trascinato gli azzurri alla conquista del tricolore già al primo anno. Un'impresa diversa da quelle compiute con Juve, Chelsea e Inter. Ecco perché

L'ennesimo capolavoro di Conte, il grande artefice dello scudetto del Napoli

L'impresa è tutta sua: lo scudetto del Napoli, il quarto della sua storia, ha come regista e protagonista indiscusso Antonio Conte. Chi avrebbe scommesso a inizio stagione sugli azzurri, campioni d'Italia e sull'ennesimo capolavoro di Antonio da Lecce? Forse non tantissimi, ma di sicuro qualcuno c'era. Solo chi non conosce il tecnico salentino può dirsi sorpreso per quanto accaduto in questa stagione.

Di fatto nessuno come lui riesce a cambiare la testa dei giocatori e trascinarli alla vittoria come un condottiero. I successi conquistati in carriera parlano chiaro: Juventus, Chelsea, Inter ed ora Napoli. Tutte esperienze che hanno un unico filo conduttore: l'ambiente sfiduciato, un anno o svariati di risultati deludenti. A quel punto arriva lui, ribalta la squadra, vince e se ne va. A inizio stagione, il Napoli di sicuro non è la favorita numero uno. Ma che ci fosse la possibilità per puntare al colpo grosso lo sa bene anche Conte.

Quella partenopea sembra proprio la piazza giusta per rilanciarsi dopo l'ultima esperienza così così al Tottenham. Lo zoccolo duro, almeno otto titolari su undici, sa già come si vince e l'aveva fatto solo due anni prima dominando il campionato. Certo quella squadra ha perso per strada tre pilastri come Kim, Zielinski e Osimhen. Ma i sostituti Buongiorno, McTominay e il pupillo Lukaku arrivano tutti su stretta indicazione di Conte. Senza contare Neres, il talentuoso brasiliano scuola Ajax, tutto dribbling e fantasia. Un altro fattore diventa determinante per la vittoria, ovvero la mancanza di impegni europei, La Champions, soprattutto nella nuova versione con più partite, porta via tante energie e questo non può non incidere sul rendimento in campionato.

Proprio per questo storicamente Conte preferisce giocare su un unico fronte. Anche questo dato emerge indiscutibilmente dalla sua carriera. Un po' per i risultati sempre meno brillanti ottenuti in Europa. Ma anche e soprattutto per un modo di giocare che fuori dai confini nazionali raccoglie sempre poco. Una cosa però è sicura, quando Conte si mette in testa un obbiettivo, lo porta sempre a casa. Va sempre così, il più delle volte. Proprio per questo quando agli ottavi di Coppa Italia, decide di schierare un Napoli B, la scelta ormai è chiara: si punta allo scudetto. E detto fatto gli azzurri cadono all'Olimpico contro la Lazio e da quel momento possono concentrarsi soltanto solo sul campionato fino a maggio. Un gran bel vantaggio rispetto alle competitors, tornate dalla Supercoppa in Arabia e ancora alle prese col loro cammino europeo in Champions.

Gennaio però è il mese del torpore. Il Napoli cede Kvaratskhelia per 70 milioni al Psg e dopo aver corteggiato a lungo Adeyemi e Garnacho, si accontenta solo di Okafor. Uno smacco che il tecnico leccese si lega al dito ma che stavolta gli provoca una reazione diversa rispetto al passato. Non polemizza più di tanto con la società, scegliendo un profilo basso. Il suo Napoli si arma di cinismo e carattere, è essenziale, vince quasi sempre col minimo scarto, difendendo con le unghie e con i denti il vantaggio. Fatica nella fase offensiva, ma è la migliore difesa del campionato. Il destino vuole che la rivale per lo scudetto sia proprio una sua ex squadra, l'Inter. Un testa a testa, quello con i nerazzurri ad andamento lento e punteggi in classifica al ribasso. Il Napoli di sicuro sbaglia di meno e dà tutto quello che ha. L'Inter no e questo sarà il rimpianto che Inzaghi, Lautaro e tutti gli altri si porteranno dentro per tanto tempo, tra occasioni perse e punti buttati via.

Il Napoli vince con merito lo scudetto senza far vedere un calcio particolarmente brillante. In tanti momenti l'atteggiamento troppo difensivo della squadra, fa storcere il naso ai tifosi azzurri, abituati alla "Grande Bellezza" prima sarriana poi spallettiana. Ma tutto poi si ricompone dopo ogni vittoria. In fondo contano i tre punti, come recita il dogma risultatista tipico del calcio italiano. Di sicuro questa squadra è lontana anni luce per gioco e spettacolarità da quella di Sarri, che ha incantato in Italia e in Europa, senza però raccogliere successi, e da quella di Spalletti, che ha dominato il campionato dall'inizio alla fine ma poi viene smontata sul più bello.

Di sicuro Conte ha due grandi meriti: ha portato a competere per lo scudetto un gruppo finito decimo l'anno prima, ma soprattutto è arrivato davanti a tutti. Anche a squadre sulla carta più forti. L'Inter e forse anche qualche altra. Per onestà di giudizi, fosse arrivato secondo, l'analisi sarebbe stata lo stessa. Per lui però, conta solo vincere ed è questo che lo differenzia dagli altri allenatori. La famelicità perché quando ha davanti l'obbiettivo, non selo lascia sfuggire. Lo scudetto col Napoli, forse è quello più sofferto conquistato in carriera. Quello più sporco, quello meno spettacolare, ma forse vale un po' più degli altri. Perché evidenzia a tutti una verità ormai conclamata. Il modo più veloce per tornare a vincere, è ingaggiare Antonio Conte.

Nonostante il tricolore conquistato, la sua permanenza a Napoli è tutt'altro che certa. A festeggiamenti conclusi, ci sarà l'incontro con De Laurentiis e si deciderà il da farsi. La consapevolezza di aver fatto già il massimo potrebbe portarlo ad accettare il corteggiamento della Juventus, il suo primo amore. Insomma l'ennesima situazione, a lui congeniale.

Ambiente deluso, squadra da ricostruire. Poi arriva Antonio. Veni, vidi, vici. Qualora tornasse davvero in bianconero non saremmo sorpresi, se ci trovassimo qui tra un anno a celebrare la sua ennesima impresa. Qualcuno vuole scommettere?

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