Per il nuovo ct serve l'album delle figurine

La scelta di Ranieri è in linea con l'uomo e il professionista, viaggiatore di più paesi ma galantuomo sempre e dovunque

Per il nuovo ct serve l'album delle figurine
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Anche Claudio Ranieri ha capito che il gioco non vale la candela. Ha detto di no a Gravina Gabriele non ha detto di no alla nazionale. Meglio un lavoro garantito, definito nella città, nella società e nella squadra che sono il suo «core» che un viaggio patriottico con chi finora ha provveduto a distruggere l'immagine dell'Italia oltre la dogana di Chiasso. La scelta di Ranieri è in linea con l'uomo e il professionista, viaggiatore di più paesi ma galantuomo sempre e dovunque, anche con chi, leggi Juventus, lo aveva liquidato con la consueta malevolenza e, anche in quel caso, senza reazioni e commenti polemici di cattivo gusto. La sconfitta, una delle mille, di mister 98,68 per cento, gli scivola sulla pelle come acqua sulle piume dell'oca, la suddetta percentuale dei voti ottenuti alle ultime elezioni, cifra che in politica verrebbe presentata dai giornali come dittatura. Ma nel calcio nostrano no, giammai, e dunque la farsa azzurra propone nuove irresistibili pagine, presumo che sulla preziosa scrivania del presidente federale (ricordo un commento di Indro Montanelli quando lo informai che a Roma si sarebbe tenuto il consiglio federale, il Direttore sgranò gli occhi e, preoccupato, esclamò: «Di nuovo un federale a Roma?), bene su quel tavolo, tra carte e documenti, potrebbe esserci l'album di figurine dei campioni del mondo del 2006 e allora parte la ricerca, in ordine alfabetico: Amelia Marco, negativo; Barone Simone, respinto; Barzagli Andrea, come sopra; Buffon Gian Luigi già in organico; Cannavaro Fabio, un'idea; Camoranesi Mauro German, impossibile; Del Piero Alessandro, troppo importante; De Rossi Daniele, pericolo di un altro no romanista; Gattuso Rino, eccolo, non ce l'ho, proviamo; si sfoglia ancora, Gilardino Alberto, potrebbe ma; Grosso Fabio, appena promosso in A; Iaquinta Vincenzo, missing; Inzaghi Filippo, come Grosso; Materazzi Marco, un rischio; Nesta Alessandro, appena esonerato; Toni Luca, impegnato in spot pubblicitari; Totti Francesco, idem; Zambrotta Gian Luca, reduce da operazione alle anche; Zaccardo Cristian, impossibile, fa il procuratore. Ha preso quota Ringhio per il dopo Ranieri... come passare da Frank Capra a Quentin Tarantino. Il dubbio è amletico, Gravina Gabriele deve scegliere, è rimasto nudo due volte, la prima quando, contrariamente all'invito, Spalletti ha annunciato il proprio esonero con due giorni di anticipo; il secondo, quando Ranieri, disponibile a parole ha voluto confermare la decisione di avere concluso la carriera di allenatore. Sono momenti brutti, si solito, quando si assumono certe scelte si ha già in mano la soluzione ma qui la commedia, no la farsa, è diversa, qui siamo di fronte ad un inedito per il calcio italiano che esibisce quattro titoli mondiali e qualcuno pensa di poter vivere di rendita eterna, come il Brasile che non vince un mondiale dal 2002 e presume di essere sempre il più forte di tutti, però alla fine costretto ad assumere un allenatore italiano. Il problema sta nella testa e, a scendere, nel sistema calcio, dunque nella politica della federazione e delle leghe, ognuna con il proprio interesse, bottegaio, mercantile, in cambio di voti si procede secondo codice gattopardesco.

Claudio Ranieri è il vincitore di una partita non giocata, il resto appartiene ad un mondo politico-sportivo-calcistico che non ha ancora capito di essere vecchio e sorpassato, nel linguaggio, nelle strategie in tutto quello che viene ancora presentato o spacciato come «progetto» e che si rivela, come nell'ultimo caso Spalletti-Ranieri, una assurda comica finale. «La politica è come la nazionale, dovrebbero giocare sempre i migliori. Ma non è mai così, in nessuna parte del mondo» (Michel Platini).

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