Mondo nel pallone

Quanto è difficile vincere fuori da Torino e Milano

La storia di quegli scudetti caduti lontano dalle due più grandi città del Nord: ecco perché il successo del Napoli acquisisce più valore

Quanto è difficile vincere fuori da Torino e Milano

In Italia guardare la geografia degli scudetti suscita spesso molteplici reazioni. A volte anche di natura politica, come nel caso di chi, soprattutto a Sud, vede nella diffusione di titoli tra le città del Nord un simbolo del potere del settentrione sul mezzogiorno. Al contrario, chi tifa per le squadre più titolate ne fa invece una questione di mentalità, di tradizione e di “abitudine” alla vittoria. È così che si è creato negli anni un profondo solco tra le “strisciate”, ossia le tre grandi del Nord (Juventus, Inter e Milan) e le altre.

In realtà, quanto avviene in Italia non è affatto un unicum. Il calcio in Europa ha più di un secolo di vita, un tempo bastevole per creare tradizioni e approcci differenti al mondo del pallone. Differenze che poi si riflettono nella suddivisione dei titoli. In Inghilterra ad esempio lo sport si diffonde soprattutto con la rivoluzione industriale e attecchisce maggiormente nelle città industriali. Non è un caso che a Londra il primo titolo arriva solo nel 1931 con l'Arsenal, squadra che interrompe i domini di centri come Liverpool e Manchester. E ancora oggi, guardando la distribuzione dei campionati vinti, sembra molto difficile far cadere i titoli nel nord del Paese. Il Newcastle ad esempio è all'asciutto dal 1927.

Stesso discorso vale per la vicina Scozia. Glasgow, cuore economico scozzese, con Celtic e Rangers domina il campionato locale con 107 titoli complessivi su 125 campionati disputati. Guardando in giro per l'Europa, tutti i campionati hanno una tradizione che rispecchia a volte il profilo economico e sociale delle specifiche regioni, a volte la velocità di diffusione della popolarità del calcio. È per questo che in Spagna è difficile far uscire gli scudetti da Madrid e Barcellona, così come in Germania è difficile mettere in discussione il predominio del Bayern Monaco. In Portogallo nessuna squadra fuori da Lisbona e Porto è mai riuscita a conquistare un titolo. In Grecia difficilmente i titoli cadono fuori da Atene e in Turchia difficilmente cadono fuori da Istanbul.

Perché in Italia è difficile far uscire gli scudetti da Torino e Milano

Anche nel nostro Paese il calcio pionieristico segue la scia della rivoluzione industriale. Ed è per questo che attecchisce soprattutto tra Piemonte, Genova e Lombardia. Non a caso il “triangolo industriale” di inizio '900. In un primo momento la lotta è tutta tra squadre del nord ovest. Il Genoa vince il primo titolo riconosciuto, mentre nel 1901 si ha la prima volta del Milan e nel 1905 la prima volta della Juventus. Ma in questa fase, con un calcio non ancora professionistico, anche piccole città riescono ad avere il sopravvento. Soprattutto in un Piemonte, dove la maggior diffusione di strade e ferrovie permette a molte società di facilitare gli spostamenti per le partite sia della squadra che del pubblico. Oltre alla Juventus, negli anni '10 e '20 del secolo scorso a vincere sono anche la Pro Vercelli, il Casale e la Novese. Per vedere lo scudetto fuori dal Nord ovest occorre attendere addirittura il 1925, grazie al primo sigillo del Bologna.

Nel 1930 il calcio è oramai molto popolare e le società appaiono sempre più attrezzate. In quell'anno si ha la prima edizione della Serie A a girone unico e il campionato assume la forma che conosciamo oggi. Vincere diventa così sempre più un affare ristretto alle grandi città. Il Genoa arranca mentre le piccole del Piemonte sono costrette a campionati di seconda fascia. Solo il Bologna, grazie a un ciclo di vittorie che dà l'appellativo ai rossoblu di “squadra che fa tremare il mondo”, riesce a stare al passo di Torino e Milano nel decennio precedente alla seconda guerra mondiale.

Dalle altre parti, si inizia sì a costruire qualcosa e a far conoscere il calcio. Ma si è in ritardo di almeno tre decenni. Circostanza destinata a pesare ancora oggi sia nell'albo d'oro che nella tradizione. Ci si organizza a Roma, dove nel 1926 viene fondata l'As Roma dalla fusione di diverse squadre capitoline. Fusione a cui non partecipa la Lazio, la cui storia parte nel 1900 ma dove la sezione calcistica si sviluppa fuori dai confini regionali soltanto negli anni '20. Ci si organizza a Napoli, dove sempre nel 1926 inizia l'avventura del Napoli Calcio. Si costruiscono nuovi stadi e nuove strutture ma, per l'appunto, quando il calcio da altre parti è già da anni vissuto come uno sport professionistico.

I mutamenti sociali avvenuti in Italia nel secondo dopoguerra si riflettono anche sulla Serie A, la cui geografia inizia ad allargarsi. Ma la vittoria rimane sempre in mano a Torino e Milano. Un duopolio interrotto soltanto dalla Fiorentina nel 1956, squadra l'anno successivo capace di arrivare in finale di Coppa dei Campioni. Ma è solo una parentesi, bissata unicamente nel 1969. Nel 1964 invece si ha l'ultimo sigillo del Bologna, capace di vincere contro l'Inter l'unico spareggio mai giocato per un titolo in Serie A. La potenza economica di Milano e Torino, unita alla più antica tradizione calcistica delle due città, fa quindi la differenza. E inciderà per sempre nella storia del nostro calcio.

Il calcio nella Capitale

Roma negli anni '20 prova a portarsi al passo delle altre grandi città. E negli anni '30 l'As e la Lazio iniziano in effetti a essere competitive per il titolo. I giallorossi arrivano secondi nel 1936, i biancazzurri nel 1937 grazie ai gol di Silvio Piola. Acuti però che non scalfiscono il dominio del nord. Solo nel 1942 la capitale blinda il suo primo scudetto, arrivato grazie alla Roma trascinata da Amedeo Amedei. In quel campionato steccano le milanesi, così come stecca la Juventus. Il titolo viene quindi conteso tra i giallorossi e il Torino (all'alba del suo periodo d'oro tragicamente finito con la strage di Superga del 1949). Il successo del 1942 rimane però una parentesi.

Nel dopoguerra i derby tra Roma e Lazio valgono solo per il primato cittadino e non per l'assegnazione di titoli. La maledizione viene spezzata nel 1974 con il primo scudetto dalla Lazio. Una squadra quella capace di balzare in pochi anni dalla B al successo, guidata in panchina da Tommaso Maestrelli. Un'altra parentesi però, prima della nuova discesa tra i cadetti pochi anni dopo. Nel decennio successivo, la Roma prova a riprendersi la scena. Il presidente Viola costruisce una società molto competitiva che sfiora lo scudetto nel 1981 (con il famoso gol non assegnato a Turone nello scontro diretto contro la Juventus) e lo vince poi nel 1983. L'anno dopo i giallorossi volano fino alla finale di Champions, persa ai rigori in casa contro il Liverpool. Poi altre maledizioni, come il clamoroso scudetto perso a causa di una sconfitta casalinga con il già retrocesso Lecce nel 1986.

I titoli torneranno a Roma solo all'inizio del nuovo secolo. Lo vince la Lazio nel 2000, al culmine di un ciclo che vede i biancolesti vincere anche in Europa, e la Roma nel 2001. Si tratta questo dell'ultimo tricolore nella capitale. Un biennio costato caro a entrambe le squadre, costrette negli anni successivi a fare i conti con bilanci dissestati e in rosso. Segno di come risulti sempre molto difficile e dispendioso vincere fuori da Torino e Milano.

Quando a trionfare è stato il Sud

Il mezzogiorno nel secondo dopoguerra si affaccia più volte in Serie A con molte piazze calorose e che non mancano di offrire sorprese e talenti. Il Napoli riesce a stare stabilmente nella massima serie, il Palermo naviga tra A e B, negli anni '60 c'è poi il Catania del “Clamoroso al Cibali”, tra gli anni '70 e '80 stupiscono Catanzaro e Avellino. Ma lo scudetto sembra un affare molto lontano. C'è però un acuto in grado di stimolare ancora oggi le fantasie di tutti gli appassionati. È quello del Cagliari di Gigi Riva, talento che ha scelto la Sardegna alle grandi squadre del nord. Ed è proprio lui a guidare i rossoblu al clamoroso scudetto del 1970, primo e ultimo sull'isola.

Con quel campionato, la geografia della Serie A subisce un primo storico autentico scossone. Ma occorre aspettare altri anni per tornare a vedere una piazza del sud festeggiare. Occorre attendere il Napoli di Maradona, capace di vincere lo scudetto nel 1987 e di bissarlo nel 1990. Poi una lunga attesa di 33 anni, conclusa solo nelle scorse ore. E che dà ancora più valore allo scudetto conquistato dagli uomini di Spalletti. Si tratta della quarta volta, in 121 campionati riconosciuti, che il tricolore oltrepassa i confini del centro nord.

I miracoli di Verona e Sampdoria

Se è difficile vincere a Sud, c'è però anche da sottolineare che appare altrettanto difficile trionfare al nord per squadre lontane da Milano e Torino. Bologna, come detto, non ci riesce dal 1964 e Firenze invece dal 1969. In Veneto lo scudetto arriva solo una volta. L'impresa riesce al Verona di Bagnoli nel 1985. Una squadra non costruita per vincere, forse l'ultima vera sorpresa nella massima serie.

A Genova, dopo l'epopea dei primi anni con il Genoa, occorre aspettare fino al 1991. Quando a trionfare sono i blucerchiati della Sampdoria di Vialli e Mancini. Gemelli del gol che trascinano una squadra costruita sapientemente dal presidente Mantovani e che l'anno dopo perde solo ai supplementari la finale di Champions.

La bellezza della Serie A

La Serie A quindi, così come tutti gli altri campionati, ha la sua geografia e la sua tradizione. Ci sono zone dove il calcio ha attecchito prima e dove è stato possibile da subito sostenerlo, anche a livello economico. Altre invece dove le condizioni storiche e sociali lo hanno proiettato tardi a grandi livelli.

Da un lato c'è chi sogna perché è abituato a vincere, dall'altro c'è chi gioisce quando si ritrova a vivere una piccola ma felice parentesi di gloria. In ogni caso, si tratta di pagine che contribuiscono ad accendere la passione in tutto lo stivale.

E a rendere la Serie A, pur tra i suoi attuali limiti, uno dei campionati più belli al mondo.

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