Scudetto al Napoli, ecco perché è la vittoria di De Laurentiis

Dietro la vittoria del Napoli ci sono i grandi meriti della gestione De Laurentiis, capace di coniugare conti in regola e successi, senza spese folli sul mercato

Scudetto al Napoli, ecco perché è la vittoria di De Laurentiis
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Anche stavolta ha avuto ragione Aurelio De Laurentiis: si può vincere lo scudetto anche senza spese folli e mantenendo il bilancio in ordine. Se i meriti di campo sono tutti di Antonio Conte, quelli per la gestione e lungimiranza delle scelte vanno dati al presidente del Napoli.

Istintivo, geniale, dice sempre quello che pensa e proprio per questo a volte la fa fuori dal vaso con dichiarazioni che potrebbe evitare. Non va d'accordo con gli allenatori e ancor meno con i procuratori. Il paradosso è che quando se ne sta in disparte e mette il silenziatore, il Napoli vola quando invece interviene, interferisce e alza i toni la macchina azzurra sbanda. In un calcio in cui dominano debiti e conti in rosso, avanzano fondi speculativi e petroldollari, lui va avanti per la sua strada senza dar conto a nessuno. E alla fine bisogna dargliene atto. Sa fare calcio meglio degli altri.

Il secondo scudetto della sua presidenza, arriva però in maniera totalmente diversa rispetto al primo. Due anni fa infatti il club azzurro aveva operato una vera e propria rivoluzione. Salutano senatori con ingaggi alti come Koulibaly, Mertens e Insigne e al loro posto arrivano nello scetticismo generale Kim, Kvaratskhelia, Raspadori e Simeone. La scelta di quella spending review viene premiata e si rivela vincente, e gli fa incassare per la prima volta il consenso totale della piazza partenopea, dopo anni di epiteti coloriti.

Quest'anno invece il trionfo arriva da presupposti diversi. Dopo un'annata deludente per rifarsi ingaggia Conte. Nonostante i rumors, nessuno ci aveva creduto e i dubbi ci stavano tutti. Il tecnico salentino ha un ingaggio alto e pretende un mercato coi fiocchi. Cosa sarebbe accaduto con i tanti paletti economici dell'imprenditore cinematografico che tante volte hanno ostacolato l'arrivo a Napoli dei calciatori più ambiti? A sorpresa per la prima volta da quando è presidente, Adl accontanta in toto l'allenatore. Non era mai accaduto né con Benitez, né con Sarri, tantomeno con Ancelotti e Spalletti. Conte invece ha carta bianca: così blinda le partenze di Di Lorenzo e Kvara e ottiene i giocatori richiesti; Lukaku, Buongiorno, Neres, Spinazzola, gli scozzesi McTominay e Gilmour con una spesa di oltre 150 milioni.

Insomma va tutto a gonfie vole fino a gennaio. Il pressing del Psg su Kvara si fa sempre più insistente, il georgiano vuole cambiare area e per 70 milioni lascia il Napoli. Al suo posto Conte sogna un sostituto all'altezza: Garnacho e Adeyemi. Ma Adl stoppa tutto, rinsavisce e dà di nuovo precedenza al bilancio. In fondo perché strapagare al Manchester United un giocatore che gioca e non gioca? E anche, perché fare ponti d'oro al tedesco del Borussia Dortmund se ciò non è stato fatto prima per Kvara?

Visto come è andata a finire, come dargli torto? Forse questa mossa forse indurrà Conte a lasciare Napoli a fine anno. Ma ha di fatto rafforzato anche le convizioni di Adl, che avrà pensato "si vince anche se si fa come dico io". Solo un incontro chiarificatore tra i due stabilirà se ci sono i presupposti per andare avanti.

Sembra quasi un dejavù di due anni fa, quando Spalletti partecipò alla festa da separato in casa. Tutti avevano capito che sarebbe andato via. Quella vittoria, attesa dal popolo partenopeo ben 33 anni, fece male a De Laurentiis, che in preda ad un attacco di egolatria, pensò di poter fare tutto da solo, sostituendosi ad allenatori e direttori sportivi.

A questo punto il dubbio viene lecito, stavolta avrà imparato la lezione? Basterà qualche mese per avere la risposta. Intanto può godersi il secondo trionfo della sua presidenza, prima di programmare il prossimo film targato Napoli.

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