Hanno scoperto la maleducazione nei campi di calcio. L'ultimo iscritto alla tribù dei cafoni è Allegri Massimiliano, livornese dalla lingua sciolta, punito con 10mila euro di multa per le offese a Oriali. Singolare che il giudice sportivo non abbia fatto un plissé su insulti e gesti sguaiati di Folorunsho del Cagliari riservati al romanista Hermoso. Non capisco lo stupore, il football vive di ingiurie, minacce, ricatti, partono dalle tribune d'onore e scivolano
verso le panchine, entrano sul terreno di gioco e s'infilano tra i vapori degli spogliatoi. La letteratura è affollata di villanie, dal dito di Mourinho nell'occhio di Tito Vilanova al fr... lanciato da Sarri a Mancini, dal ca... guardi? di Ibra alle male parole di Conte, Gasperini, Juric e, a seguire, tutto l'almanacco di figuracce. Dicono che le risse finiscano sul campo-saloon, alibi furbo e codardo, come se la violenza domestica sia giustificabile tanto è chiusa tra i muri di casa. La stretta di mano è una finzione scenica, un secondo
dopo è libera tutti. «Lo sport serio non ha nulla a che fare col fair play.
È colmo di odio, gelosie, millanterie, indifferenza per ogni regola e piacere sadico nel vedere la violenza: in altre parole, è la guerra senza le sparatorie», dal settimanale Tribune, 14 dicembre 1945, titolo «Lo Spirito dello sport» a firma di mister Eric Blair, in arte George Orwell.