Una volta c'era Josè Altafini: entrava nell'ultima parte di match e trovava il modo di rendersi utile, vuoi con un gol o con una giocata importante. Adesso c'è Edon Zhegrova, 26enne kosovaro con cittadinanza albanese che non è a fine carriera come il vecchio' Josè dell'epoca ma che non ha (ancora) i novanta minuti nelle gambe essendo reduce da un lunghissimo periodo di inattività. E allora Spalletti e la Juventus lo usano per quello che può: gli vengono concessi venti-trenta minuti e si aspettano risultati concreti. Cosa che l'ex giocatore del Lille riesce spesso a portare a casa: a Pisa, sabato sera, ha dato il via all'azione del vantaggio di Kalulu, cercando poi personalmente la via della rete e comunque cambiando la partita con il talento di chi sa di avere nei piedi giocate non banali.
I tifosi bianconeri se ne sono innamorati in fretta, ricevendo in cambio colpi adrenalinici e quel pizzico di follia che nel calcio di oggi sono merce sempre più rara: «Ha la miccia in testa», lo ha elogiato Spalletti, riempiendolo di complimenti pochi giorni dopo avere invece spiegato che «non può fare la fase difensiva in un certo modo, sta a noi portarlo negli ultimi venti metri di campo dove può aiutarci a cambiare le partite». Detto e fatto, appunto. Perché uno così, se non ce l'hai, vorresti averlo: «Ha gli occhiali tridimensionali, perché vede lì dietro cosa c'è», ancora Spalletti. Tradotto: la palla messa dove tanti altri non scorgono nulla grazie a una confidenza con il pallone che gli permette con un tocco quasi magico di mandare fuori tempo il difensore per quella che l'ex ct azzurro ha definito zeppetta'.
«Non è un qualcosa di allenabile - ha spiegato Zhegrova - fa semplicemente parte del mio modo di giocare. Ringrazio il mister per averle dato un nome». Prossimamente, ancora, su questi schermi. E magari non solo nell'ultima mezzora di gara: la nuova sfida è servita.