Calciopoli, i tifosi della capitale disertano il «maxiprocesso»

L’Olimpico da ieri è una grande «aula bunker» Ma in pochissimi si sono presentati allo stadio per l’esordio del processo allo sport nazionale

Claudia Passa

Più del pallone poté il mare. Il giorno del calcio d’inizio del «maxiprocesso» allo sport nazionale s’è consumato senza il «boom» di tifosi. Per contenere eventuali intemperanze s’erano mobilitati polizia e carabinieri, e invece niente. Nonostante nelle radio a tema non si parli d’altro, nonostante i tam-tam, l’Olimpico - trasformato in una grande «aula bunker» - sembrava una cattedrale nel deserto. E non solo per il gran caldo.
Non fosse stato per la folla di cronisti e operatori stipati all’ingresso della tribuna Montemario, sarebbero apparse quasi grottesche le maxi-cilindrate con vetri oscurati con cui parecchi dei deferiti si sono presentati all’appuntamento. Nessun tifoso inferocito a gridare improperi, nessun «sit-in» in maglia d’ordinanza. «L’hanno fatto apposta - dice con l’aria di chi la sa lunga uno dei pochissimi che ha scelto di non perdere l’evento -, un giorno di festa alle 9 di mattina, figurarsi...». E invece c’è chi era pronto a scommettere che proprio la festività di San Pietro e Paolo avrebbe favorito l’afflusso in massa allo stadio. Così non è stato.
Le rare eccezioni alla «latitanza» degli appassionati non passano inosservate, prede dei cronisti a caccia di brio durante le discussioni procedurali in corso nella pancia dell’Olimpico. Un giovanotto di Trastevere in maglia giallorossa spiega d’essersi sobbarcato la levataccia perché «se qualcuno ha fatto del male al calcio è come se l’avesse fatto a un mio caro...». Lui, almeno, è riuscito a guadagnare l’agognato ingresso della «Montemario», a differenza del compagno di tifoseria con un berretto pittoresco e poco eleganti gadget appesi assieme ad un fischietto da arbitro. Tutto qui. Il gruppetto di curiosi che in tarda mattinata s’affaccia a ridosso delle transenne ha tutta l’aria di trovarsi lì per caso. E non va meglio dal lato opposto dell’Olimpico, davanti alla curva nord roccaforte della Lazio a rischio retrocessione. Pochissimi i tifosi, da contare sulle dita di una mano. Uno, in «divisa» biancazzurra, sull’assenza dei «colleghi» taglia corto: «Io rispondo per me stesso e sono qui». Gli altri guardano divertiti una coppia di giovanotti che distribuiscono spillette su «calciopoli».


Poco dopo l’annuncio del rinvio a lunedì, su un sito laziale un tifoso scrive: «Te credo, oggi è San Pietro e Paolo, almeno lunedì la gente lavora e nun je rompe le scatole...». Fosse dipeso da questo, il processo avrebbe potuto tranquillamente andare avanti per tutta la giornata.

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