Sport

Calcioscommesse, Doni: "Non fate come me Chi sa è ora che parli"

L'ex capitano dell'Atalanta si confessa: "Sono stato un imbecille e non esiste giustificazione. Avrei fatto di tutto per ottenere la A. Non mi sono mai venduto una partita. L'ho fatto per amore della mia squadra"

Calcioscommesse, Doni: "Non fate come me Chi sa è ora che parli"

"Sono stato un imbecille e non esiste nessuna giustificazione. Quante volte me lo sono chiesto in cella. La retrocessione mi aveva segnato, mi sentivo il primo responsabile. Avrei fatto di tutto per ottenere la A. E infatti ho detto sì quando mi è stato detto che il Piacenza veniva a perdere... Ecco, non mi sono mai venduto una partita. C'è una differenza almeno in questo? Tra chi lo fa per soldi e chi per amore della propria squadra". Cristiano Doni ammette le proprie colpe, rivendica l'amore per la propria maglia e si confessa in una intervista alla Gazzetta dello sport.

L'ex capitano dell'Atalanta ripercorre la sua vicenda e parte da quando tutto è cominciato: "I miei errori sono iniziati nella partita con la Pistoiese di 12 anni fa". A tal proposito, l'allenatore del Milan Massimiliano Allegri, all'epoca calciatore della Pistoiese ha ribadito a Milan Channel che "si tratta di una gara di 12 anni fa, un episodio già archiviato. Non ho niente da dire e niente da aggiungere, non mi sembra il caso".

Doni ha poi sottolineato come sia da cambiare la mentalità generale nel calcio: "Se adesso c'è un'organizzazione criminale che riesce a penetrare con facilità nel nostro calcio, credo che il motivo parta da quest'idea sbagliata di cosa è giusto e cosa è sbagliato".

Doni ha poi spiegato che la speranza di un calcio pulito c'è ma è possibile solo se "si denuncia chi chiede di barare. Fare finta di nulla è grave quasi come alterare una partita". Per questo motivo Doni ha invitato a  non predere esempio da lui ma a fare come Andrea Masiello: "Bisogna aver il coraggio di parlare e raccontare tutto il marcio nel calcio. Si può sbagliare, ma è ancora peggio non alzare la mano e ammetterlo".

La confessione ai pm per Doni "è stata una liberazione. Speravo di farla franca? Forse, ma più che altro pensavo che la mia era una cosa minima. Non rieco a darmi pace: dovevo capire la gravità delle mie azioni".

Infine il pensiere va ai tifosi dell'Atalanta che l'hanno sempre sostenuto: "Non chiedo perdono, ma solo che non siano cancellate tutte le cose buone che ho fatto in campo. Voglio restare a vivere a Bergamo.

Volevo fare il dirigente dell'Atalanta, adesso so che è imposssibile".

Commenti