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Calderoli: «Scuse da chi non mi ha difeso»

«È un onore essere insultato da uno come Gheddafi. La sinistra? Non rispondo a chi commenta il viaggio del premier parlando di vergogna»

Calderoli: «Scuse da chi non mi ha difeso»

Anna Maria Greco

da Roma

Che Roberto Calderoli sia ringalluzzito dall’ultima uscita di Gheddafi lo dice subito il suo abbigliamento alla conferenza-stampa: sotto la giacca scura indossa una maglietta con la scritta in verde: «Orgoglioso di essere cristiano». Non la maglietta sulle vignette satiriche anti-Islam esibita in tv, che ha provocato le sue dimissioni da ministro per le Riforme, ma poco ci manca.
E infatti Calderoli chiede scuse ufficiali. Il leader libico ha detto o no che l’attacco al consolato italiano a Bengasi non era legato agli sbeffeggiamenti di Maometto, ma a ben altro? E dunque, dice il leader leghista, chi si deve scusare sono i suoi stessi alleati che invece di difenderlo lo hanno costretto a lasciare il governo. A quelli dell’opposizione, spiega il senatore del Carroccio, «non rispondo neanche perché chi commenta il viaggio di Berlusconi parlando di vergogna e di mani grondanti di sangue non merita neppure una risposta». Le critiche Calderoli le rivolge agli esponenti della maggioranza «per le posizioni che hanno preso nell’immediatezza dei fatti, perché hanno detto cose che sono state smontate dallo stesso Gheddafi».
Il primo è Silvio Berlusconi che «ha avuto una risposta emotiva e forse è stato malamente informato». È stato preso dal «panico» ha già detto in un’intervista a Repubblica, e verso il terrorismo «ha un atteggiamento tremebondo». Poi, Gianfranco Fini: «Se fossi in lui penserei alle parole dette in Parlamento o al fatto di essere andato in moschea per ingraziarsi Gheddafi, che poi si è visto come ha risposto». Almeno da Tremonti, si aspettava «un gesto di solidarietà e invece niente», dice nell’intervista. Quanto a Gheddafi, Calderoli lo ringrazia per «l’azione di verità» nei suoi confronti e anche «per gli insulti che mi ha rivolto, perché essere insultato da uno come lui per me è un onore».
Ma la maglietta provocatoria la rimetterebbe? Il senatore leghista tiene il punto, ma con inusuale cautela. «Se fosse necessario per aprire il dibattito su un tema così importante lo rifarei sicuramente. Ma certamente non lo rifarei se avessi anche il minimo dubbio che una mia azione potesse provocare delle vittime».
Per spiegare le sue ragioni l’ex ministro conferma che andrà alla tv araba Al Jazeera e, visto che s’invoca tanto il dialogo, questo sarà il suo contributo: «Nei prossimi giorni parteciperò a una trasmissione dove ci sarà un confronto televisivo su questi temi. Penso che non si debba parlare di Islam ma di islamici e delle modalità in cui ciascuno esercita il proprio credo religioso». Magari, non ignorando che in questo periodo c’è una «strage di cristiani che passa quasi come una cosa scontata».

Confronto, ma senza confusione, parlando ad esempio di scontro tra Europa e Islam, quando l’ultima è una religione e l’altra «un’entità statale».

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