Calissano agli arresti domiciliari ma in comunità di recupero

Marzia Fossati

da Genova

Venticinque grammi di cocaina li aveva in casa. Li aveva da parte per darli agli amici che erano con lui e un po’ gliene aveva anche già offerta.
Una ragazza è morta di overdose nel suo letto dopo averne fatto un uso forse eccessivo. Tutto vero, ma «Paolo Calissano non è uno spacciatore».
Lo dice il tribunale del Riesame di Genova. Che concede anche di far uscire l’attore dal carcere, o meglio dalla sezione detenuti dell’ospedale San Martino. Perché l’ex sex symbol di Vivere e dell’Isola dei famosi deve pensare piuttosto a curarsi. E ha bisogno di andare in una comunità. Per di più ha già individuato il posto adatto, a Torino, dove è già pronto un programma di riabilitazione personalizzato e presentato al giudice dall’avvocato Carlo Biondi. Si chiama «Fermata d’autobus» ed è una comunità che già nel nome indica l’obiettivo di raccogliere per strada chi ha bisogno di un passaggio. Tutto a posto. Non c’è neppure il rischio che Calissano tenti la fuga, che voglia «evadere» da quelli che resterebbero comunque arresti domiciliari a tutti gli effetti. Ormai è impossibile per lui anche «inquinare» le prove a tanti giorni di distanza dalla tragica morte della ballerina brasiliana.
Accompagnato dal fratello Roberto, l’attore ha così lasciato Genova e ieri pomeriggio era già nella sua nuova residenza. Come un tossicodipendente qualunque, non come uno spacciatore. Perché, è scritto nell’ordinanza del tribunale del Riesame, la droga trovata in casa era certamente per autoconsumo. È normale e risaputo che in certi ambienti ne circoli molta. E se anche lui l’ha offerta ad altri, lo ha fatto a titolo gratuito. Differenze che nel reato di «cessione di sostanze stupefacenti» non vengono contemplate e che quindi non fanno cadere l’accusa che resta a carico dell’attore. Ma cambia radicalmente la posizione di Calissano, ora in condizione di rapportarsi con altre persone. Il giudice ha disposto che possa incontrare solo i familiari, gli avvocati e il personale della comunità, ma certo non sono più solo gli agenti della polizia penitenziaria che lo sorvegliavano in ospedale. Proprio questo periodo di solitudine aveva peggiorato la condizione del protagonista di molte fiction. Lo dice anche la perizia medica firmata dal professor Francia: Calissano è caduto nel giro della coca per colpa di un «disturbo depressivo grave», per «disturbi della personalità anche a carattere psicotico con crisi allucinatorie visive e auditive». Ma lo stare lontano dalla droga non gli è bastato. Nel reparto detenuti del San Martino è ricaduto in uno stato di profonda depressione. Per questo c’era bisogno di fargli cambiare ambiente.
Con la decisione del tribunale del Riesame cambia anche l’impostazione dell’inchiesta. Perché l’avvocato Carlo Biondi aveva appena ottenuto l’annullamento dell’incidente probatorio, un confronto tra Calissano e gli altri testimoni, le cui versioni erano in parte discordanti. Ora è arrivata anche la conversione dell’arresto in detenzione domiciliare presso la comunità di Torino.

L’attore resta indagato per la cessione di cocaina e per la morte della ballerina «in conseguenza di altro reato». Ma l’attenzione si sposta soprattutto al recupero di Calissano. Un tossicodipendente, non uno spacciatore.

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