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Ma è in calo il lavoro del boia

Ma è in calo il lavoro del boia

Carlo Sirtori

La tendenza verso l’abolizione, di diritto o di fatto, della pena di morte, in corso da oltre dieci anni, ha trovato una chiara conferma nel 2004. Sono ormai 138 i Paesi che, per via definitiva o con moratoria, hanno deciso di abrogare la pena, afferma l’associazione internazionale «Nessuno tocchi Caino». Tra questi, poi, 86 sono totalmente abolizionisti. Rimangono ormai «soltanto» 58 Paesi al mondo nei quali la pena di morte è ancora in vigore; 35 di questi, se non di diritto, sono abolizionisti di fatto, cioè non eseguono sentenze capitali da più di dieci anni. Certo, si può ancora assistere a clamorosi ritorni del castigo al quale il Beccaria si oppose. In India, per esempio, dopo 9 anni senza condanne, è stato richiamato in servizio un boia ottantaquattrenne da tempo in pensione per eseguire un'impiccagione in un carcere di Calcutta. E in due Stati americani, le esecuzioni sono da poco riprese. Impressionante il caso del Connecticut, dove una moratoria di 45 anni è stata interrotta brutalmente lo scorso anno.
Comunque, come detto, la tendenza si conferma: nel 2002, erano 64 i Paesi in cui la pena era ancora in vigore; nel 2003 sono scesi a 61 e, lo scorso anno, Tagikistan, Tanzania e Saint Vincent e Grenadine (abolizione completa per il primo dei tre; decorrenza di dieci anni senza applicazione per gli altri due) hanno fatto scendere il totale agli attuali 58.
Tra i continenti, la maglia nera spetta decisamente all’Asia. Se le condanne sono in calo, nell’anno passato sono state accertate almeno 5.403 esecuzioni. La Cina detiene, a livello mondiale, un triste primato con perlomeno 5mila esecuzioni nel 2004. È seguita, sempre in Asia, da Iran e Vietnam, con rispettivamente 197 e 82 giustiziati. E, senza stime ufficiali, si pensa che in Corea del Nord siano state punite con la morte parecchie decine di persone.
È giusto fare una considerazione a parte riguardante i Paesi a maggioranza musulmana. In Stati come l’Indonesia, il Pakistan, l’Iran, l’Arabia Saudita, la Siria, il Kuwait, per dirne solo alcuni, sono state eseguite un totale di 315 condanne. Nell’aprile 2004, l’Afghanistan si è aggiunto alla lista compiendo la prima esecuzione dalla caduta del regime dei talebani. Anche l’Irak del dopo Saddam ha ripristinato lo scorso 8 agosto la pena capitale. E l’Autorità Palestinese, giustiziando quattro detenuti, ha interrotto una moratoria che durava da tre anni. C’è da dire che, presso i tribunali islamici, la Sharia, la legge coranica, è sovente oggetto di interpretazioni divergenti.
Il problema non è il Corano, perché non tutti i Paesi islamici che a esso si ispirano praticano la pena di morte, quanto la traduzione di un testo millenario in norme penali. Nel 2004, salvo casi eccezionali, la lapidazione prescritta dal sacro testo è stata surrogata da altre forme di supplizio: impiccagione, crocifissione, decapitazione e fucilazione. Nei casi peggiori, la condanna, quasi sempre eseguita in pubblico, è stata preceduta da pene supplementari quali la fustigazione e l’amputazione degli arti.
Le Americhe sarebbero completamente libere dalla pena di morte, se non fosse per le 59 persone giustiziate l’anno scorso negli Stati Uniti. In Africa, invece, la pena capitale sembra destinata a scomparire, almeno ufficialmente: 9 le condanne complessive eseguite in Egitto, Sudan e Somalia. Il continente ha quindi conosciuto un calo notevolissimo negli ultimi due anni (si partiva da 63 giustiziati).
Nel Vecchio Continente, la pena di morte è quasi un brutto ricordo ormai. Grecia e Turchia, già abolizioniste per crimini ordinari, l’hanno abrogata in tutte le circostanze. La Russia, quale membro del Consiglio d'Europa, si è impegnata a sopprimerla e, nel frattempo, attua una moratoria delle esecuzioni.

Pecora nera del Continente è la Bielorussia, dove, nel 2004, il piccolo dittatore Lukashenko ha potuto fregiarsi di almeno 5 esecuzioni.

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