Economia

Il calvario burocratico dell’aspirante imprenditrice

da Milano

Ed eccola qui, una giovane imprenditrice - venticinquenne e donna - che invece testimonia, come un torrente in piena, quanto sia complicato, difficile, forse insormontabile aprire un’attività. Si chiama Annamaria Gabbini, le manca un esame per laurearsi in Lingue alla Cattolica. Vuole aprire un asilo nido bilingue a Bollate, dove la domanda delle famiglie - ha calcolato - «è soddisfatta solo per il 25%». Racconta battagliera: «È da gennaio che mi sto impegnando contro la burocrazia. Mi aiuta mio padre dirigente in pensione. Allo sportello di Rho della Camera di commercio ho detto: se fossi figlia di un operaio come farei? Mi hanno risposto: i figli degli operai non hanno velleità imprenditoriali».
Annamaria ha firmato un contratto di franchising con una catena inglese di asili, ha trovato un immobile con giardino, ha aperto la propria partita Iva come ditta individuale. «Con l’aiuto di mio padre sono riuscita a mettere insieme 25mila euro. Me ne servono altri 60mila per la ristrutturazione dell’immobile e l’avvio dell’attività. Da ogni parte i politici e i siti internet promettono contributi ai giovani e alle donne se avviano nuove iniziative: invece non c’è una lira disponibile. L’unico bando accessibile è della Camera di commercio, e abbatte i tassi di un finanziamento. Ma un prestito bancario, come impresa, lo posso ottenere se faccio parte di un consorzio di garanzia fidi; i consorzi accettano solo gli iscritti al Rea, il registro delle imprese; per iscriversi al registro occorre un’autorizzazione dell’Asl che può arrivare solo a lavori fatti, perché io sono una ditta individuale: fossi una srl, mi darebbero l’autorizazzione anche prima dell’attività. È un gatto che si morde la coda». Annamaria non desiste, batte gli uffici Asl di Garbagnate, poi di Melegnano. «E scopro - vittoria! - che dal 2 aprile una legge regionale ha abolito ogni autorizzazione per l’apertura di asili nido, basta un’autocertificazione. Allora, mi dico, posso iscrivermi al Rea senza problemi. Mi precipito al Rea ma il responsabile, invece, non è a conoscenza della legge e mi respinge malamente». Annamaria ha energie da vendere. Chiama la segreteria del ministro Bersani. «Mi ascoltano con gentilezza, poi mi danno una lista di dirigenti della Camera di commercio di Roma». Il resto è storia di ieri: «Ho passato la giornata al telefono, 73 chiamate rimbalzando dall’uno all’altro. Il risultato? Uno era al corso d’inglese, uno fuori ufficio, un altro in ferie, uno in bagno, un altro a prendere il caffè... Parlo con una dottoressa che si occupa di imprenditoria femminile, ma dopo il cambio di governo non sa nemmeno lei a chi fa riferimento il suo ufficio. Dice: “C’è la legge 215 per l’imprenditoria giovanile e femminile ma il bando è chiuso perché i fondi sono finiti”. Eppure su internet non c’è scritto, si invita semplicemente a scaricare il modulo e a inviarlo...

».

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