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CAMBIARE FA PAURA

CAMBIARE FA PAURA

Ad azzeccarci meno di tutti è stato proprio chi credeva di andare sul sicuro: il collega di un canale televisivo tedesco che ha scelto per la trasmissione sui risultati elettorali un titolo a prova di bomba: «La Germania ha deciso». Col passar delle ore, invece, è emersa una differente verità: la Germania ha fatto tutto fuor che decidere. Se era una «svolta» di cui il Paese aveva bisogno, l’ha mancata. Il paesaggio post elettorale mostra un Bundestag composto come un Parlamento della Quarta Repubblica francese o della Prima Repubblica italiana. Non ha vinto nessuno. La coalizione rosso-verde sotto la guida di Gerhard Schröder ha perduto la maggioranza sia in voto popolare sia in seggi. La coalizione nero-gialla che l’aveva sfidata sotto la guida di Angela Merkel non ha ottenuto la maggioranza. Tecnicamente è stato un pareggio, politicamente un pasticcio. Un giudizio che è emerso mentre ancora scorrevano dai computer dati sempre meno chiari. La Cdu-Csu davanti alla Spd di una manciata di suffragi, il conteggio provvisorio dei seggi con i due partiti praticamente alla pari. Due vincitori e due sconfitti. Schröder ha perso la maggioranza ma è stato una volta di più autore di un sensazionale recupero in dirittura d’arrivo. La Merkel forse è arrivata in testa e forse no, ma di sicuro ha mancato il suo obiettivo, che era quello di sostituire ai rosso-verdi una maggioranza nero-gialla, formata cioè dai democristiani e dai liberali. Questi ultimi hanno compiuto notevoli progressi, ma è stata la Cdu ad andare indietro al contrario di ogni pronostico. Le due maggioranze «ideologiche» sono state bocciate. Per dare alla Germania un governo bisognerà ricorrere a formule complesse e fragili. Nella migliore delle ipotesi si arriverà a una formula di coalizione fatalmente destinata a rallentare quelle riforme che sono giudicate invece urgenti dopo un ristagno quasi decennale. Socialisti e verdi sono stati bocciati, democristiani e liberali non sono stati promossi, nella ex Ddr sono cresciuti i comunisti. Una maggioranza di sinistra non si può più fare senza di loro e Schröder ha subito escluso di potersi rivolgere da quella parte. Una maggioranza di centrodestra potrebbe essere allargata con uno stravagante appello ai verdi, e i messaggi in questo senso già non mancano. Un governo di centrosinistra potrebbe sopravvivere solo con l’ingresso dei liberali, che hanno già detto no. Resta sul tavolo la Grande Coalizione, democristiani e socialisti con i partiti di centro all’opposizione assieme all’estrema sinistra. Ma anche questa soluzione malinconica e inevitabile è stata bocciata da Schröder in un dibattito post elettorale istantaneo in cui il Cancelliere e la sfidante si sono affrontati come se si trattasse dell’ultimo comizio.
Si può solo, per adesso, interpretare il risultato, rispondere alla ovvia domanda perché sia andata così. Perché il largo vantaggio della Cdu nei mesi e nelle settimane antecedenti al voto si sia sbriciolato all’apertura delle urne. Per gli errori degli uni, per la furbizia degli altri. La Merkel e il suo braccio destro Stoiber hanno accumulato errori e gaffe. Schröder li ha sfruttati al massimo giocando sulla propria simpatia umana e sulle paure degli elettori e strappando una volta di più, se non una vittoria, un pareggio in cui sperava solo lui. Già era andata così nel 2002 quando il Cancelliere aveva spostato il dibattito dai guai dell’economia alla guerra in Irak. Schröder si è confermato più bravo a prendere voti che a governare. La sua sfidante, forse, ha le caratteristiche opposte. Entrambi sono stati rimandati a ottobre.

La Germania, per ora, non ha deciso.

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