Roma - L’ora X è arrivata. Berlusconi, blindato a palazzo Grazioli dove sono sfilati ministri, big di partito e consiglieri, rompe gli indugi. Sarà voto di fiducia: un «modo per fare chiarezza», dice. Ma anche il sistema per sganciarsi dai giochetti della politica, delle risoluzioni, delle mozioni condivise. «Mi gioco tutto il giorno del mio compleanno: vedremo chi sta con me e chi contro», ripete limando un discorso che, giurano i suoi, non sarà di rottura. Quarantacinque minuti circa nei quali, in qualche passaggio, il premier ricorderà chi ha portato avanti «una guerra» nel partito «senza ragioni politiche», causando «divisioni» nella maggioranza per «motivi personali».
«Sarà un intervento molto alto, programmatico, centrato sui problemi del Paese», dice il ministro degli Esteri Frattini lasciando il vertice del Pdl. «Assolutamente non ci saranno provocazioni e credo che anche i finiani lo voteranno». Niente accenti polemici diretti nei confronti del presidente della Camera, quindi. Niente riferimenti netti alle colpe dello strappo ma soltanto un discorso alto, istituzionale, programmatico. «Domani (oggi alle 11 di mattina, ndr) parlerà alla Camera ma soprattutto alla nazione - confida un berlusconiano doc - poi vedremo chi si assumerà la responsabilità di affossare il governo». Esordirà illustrando i grandi meriti del suo esecutivo e i risultati conseguiti fino ad ora rimarcando il patto con gli elettori. Dirà che «gli italiani hanno dato un’occasione storica al centrodestra che non va sprecata». Quindi avanti con le riforme nella logica di un sistema bipolare, premiata dagli elettori a dispetto dei giochi di palazzo. E quindi illustrerà i cinque punti per arrivare a fine legislatura: sicurezza, federalismo, fisco, Mezzogiorno e giustizia. Ampi gli accenti sul Sud ma senza ammainare la bandiera cara a Bossi; sul fronte fiscale ci sarà un accenno al quoziente familiare, balsamo per le orecchie dei centristi, da approvare compatibilmente alla salute dei conti pubblici; lancerà l’opportunità di una riforma organica della giustizia con aperture alla necessità di dare risorse in più alla magistratura come auspicato dai finiani moderati.
Il premier è convinto che, comunque vada, il governo otterrà un’amplissima maggioranza. Oltre a Pdl e Lega, il Cavaliere ha già in mano l’ok di 5 udiccini dissidenti, 6 deputati di Noi Sud, 3 liberaldemocratici, 2 ex rutelliani, 2 repubblicani, molto probabilmente anche di un deputato della Svp e dell’ex Idv Porfidia. A questi potrebbe aggiungersi un altro centrista: totale 21. Sommati ai 295 di Pdl e Lega, si arriverebbe così alla soglia di 316, esclusi finiani e Mpa di Lombardo. Questi ultimi, tuttavia, non sono pregiudizialmente contrari a Berlusconi e qualora alle loro orecchie arrivassero parole rassicuranti per il Mezzogiorno potrebbero dare il loro appoggio: e sarebbero altri 5. Totale 321. «Se ci saranno impegni solenni noi voteremo la fiducia», precisava ieri il deputato autonomista Aurelio Misiti.
E i finiani? Berlusconi non farà un discorso teso ad ostracizzarli per cui, se voteranno a favore, tanto meglio. Certo, essendo convinto che i futuristi sono tutt’altro che uniti, si permetterà il lusso della chiarezza. Specie sul tema giustizia. Certi i riferimenti alla separazione delle carriere, dei 9 milioni di cause pendenti e della necessità di una «ragionevole durata dei processi», evitando di fare riferimenti a precise scelte legislative.
Sebbene il ministro Matteoli lo escluda, si mormora però che il premier possa citare nuovamente il ddl intercettazioni, fumo negli occhi per i pasdaran del Fli. A quel punto la patata bollente sarà tutta in campo avverso dove si apriranno scenari inquietanti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.