Camera, Monti ha la fiducia ma perde 61 deputati

Il governo approva la stangata e svuota le carceri: 3mila detenuti tin libertà. Intanto Monti perde altri 60 deputati. A noi le tasse, ai ladri libertà / Alessandro Sallusti

Camera, Monti ha la fiducia  ma perde 61 deputati

Roma - Il tempo dell’unanimità e del consenso bulgaro per il governo Monti è già finito. È tra­scorso meno di un mese dalla prima fiducia in­cassata dall’esecutivo a Montecitorio il 18 no­vembre scorso. Ventotto giorni in cui la tanto invocata ricetta «salva-Italia» ha preso forma mentre una bella manciata di deputati sembra aver preso la porta.

Il verdetto dell’aula è inequivocabile: i con­sensi per il Professore scendono, in occasione della fiducia sulla manovra, da 556 a 495, ovve­ro 61 in meno. Pesano, nel calo dei sì, le assen­ze ma anche il voto contrario della Lega, del­­l’Idv, dei tre deputati delle minoranze linguisti­che e dei tre membri di Grande Sud. Aumenta­no, quindi, i no passati da 61 a 88, per uno «sco­re » di più 27 rispetto al precedente test d’aula. Quattro gli astenuti. Tre i dissidenti rispetto al­la linea dei propri partiti: Alessandra Mussoli­ni e Giorgio Stracquadanio del Pdl («se Monti giudicasse la sua manovra da editorialista, la stroncherebbe»),che hanno votato no,e Rena­to Cambursano dell’Idv che ha votato sì. Nella fotografia del voto spicca l’assenza di 26 depu­tati del Pdl, tra i quali Giulio Tremonti, Paolo Romani, Michela Vittoria Brambilla, Guido Crosetto, Pietro Lunardi, Antonio Martino, Fiamma Nirenstein, Stefano Saglia, Isabella Bertolini, Maria Rosaria Rossi e Viviana Becca­lossi. Nel partito di Berlusconi si sono astenuti poi quattro deputati: Deborah Bergamini, Giu­seppe Moles, Giulio Marini e Pina Castiello. Non vota il pasdaran Domenico Scilipoti: «Non riconosco l’attuale governo».

Al netto della contabilità numerica, è di tut­ta evidenza il valore politico della diserzione registrata nella fila del Pdl e del centrodestra. Per molti è il segnale del risveglio dell’orgoglio liberale, un rilancio certo non in polemica con la linea di Angelino Alfano bensì l’occasione per rivendicare la propria identità più profon­d­a e manifestare il desiderio di tornare alla poli­tica vera, quella delle idee, del confronto e del­la dialettica aperta. Un mini-blitz messo in at­to all’ombra del «generale-Natale»,quando as­senze con un comune denominatore ben pre­ciso possono confondersi nella nebbia dei ri­torni obbligati verso i collegi di appartenenza. Antonio Martino, ex tessera numero due di Fi, motiva così la sua posizione: «Non ho votato le precedenti manovre volute da Tremonti, figu­riamoci questa. Ho parlato con Berlusconi. So­no contrario a un governo di tecnici».

Sulla stessa linea Giuseppe Moles: «Disapprovo le misure tasse e sangue di questo esecutivo». In serata, poi, arriva anche il voto dell’aula non più sulla fiducia ma sulla manovra. I nu­meri scendono ancora, così come i presenti in aula. Alla fine il verdetto è di 402 favorevoli, 65 contrari e 22 astenuti. Nel corso di una giorna­ta parlamentare decisamente movimentata c’è anche il «colpaccio» della Lega su un ordi­ne del giorno che impegna il governo a esime­re dal pagamento dell’Ici le abitazioni in cui vi­vono handicappati. Una proposta sulla quale arriva il voto pressoché unanime dell’assem­blea con 512 sì, 13 no e 7 astenuti. Gianfranco Miccichè,leader di Grande Sud,ammette:«Vo­tiamo la manovra con grande fatica». Saverio Romano aggiunge: «A volte si vota senza entu­siasmo o turandosi il naso ». E Francesco Piona­ti chiosa: «L’impalcatura del governo e della sua anomala maggioranza già vacilla». Silvio Berlusconi getta acqua sul fuoco. «Alcuni de­putati - spiega - ci hanno chiesto la possibilità di dare un voto di astensione. Non siamo inter­venuti visto che non c’era nessun pericolo per la maggioranza».

Amedeo Laboccetta, però, paventa «il rischio di un’epidemia» e chiede ad Alfano di intervenire.

E mentre qualcuno ipotizza un voto in primavera c’è anche chi im­m­agina la possibilità di un confronto più politi­co già nelle commissioni, con la possibilità di alleanze trasversali su provvedimenti strategi­ci come le liberalizzazioni. Una prospettiva vi­sta alla stregua di uno spiraglio di luce per usci­re dal tunnel della tecnocrazia.

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