Economia

Camicie Venti milioni di ricavi con negozi in Italia e Svizzera

Alla Castello, «Camicia tipica italiana» (come recita lo slogan), che ha 20 milioni di fatturato, sono 300 i posti di lavoro a rischio e in aprile è stata richiesta la cassa integrazione per 100 dipendenti. Da molti mesi l’impresa è sofferente a causa dell’alto costo del lavoro e della contrazione dei consumi legata alla crisi. Il piano industriale prevede l’acquisto di un nuovo capannone, la creazione di nuove linee produttive e il recupero delle maestranze locali già incorse in ammortizzatori sociali a causa della dismissione di diverse aziende tessili dei Nebrodi. Il progetto di espansione prevede anche la realizzazione di nuovi punti vendita destinati al mercato estero.
Le lavoratrici della Castello (il personale è per il 90% femminile) per non arrendersi hanno scritto al presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano, e al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. I sindacati hanno invocato la necessità di un progetto di rilancio aziendale. L’azienda è stata fondata a Brolo (Messina) nel 1967 da Vincenzo Pizzino, che ha cominciato l’attività confezionando camicie e capi d’abbigliamento come terzista, per importanti griffe nazionali. Negli anni Novanta l’azienda è passata sotto la guida di Giuseppe Pizzino, che ha rivoluzionato l’organizzazione e la produzione, e ha sviluppato un’ampia rete di punti vendita a gestione diretta, costituendo la controllata Piazza Castello. La filosofia «dal produttore al consumatore» diventa l’elemento base, per offrire un prodotto di qualità a un prezzo competitivo.

Oggi Castello ha una rete di oltre cento negozi in Italia e Svizzera.

Commenti