I dati pubblicati da Aiso (Associazione Italiana Società di Outplacement) che descrivono landamento del triennio 2008-2010, parlano chiaro, sono stati più di 23mila i candidati aiutati a gestire la fase di ricollocamento verso un nuovo impiego: di questo gruppo di lavoratori, ben l85% (ovvero poco più di 20mila) è stato ricollocato presso una nuova azienda.
Esaminando le caratteristiche di questi lavoratori emergono tre aspetti in particolare: rapidi tempi medi di ricollocamento dei candidati, forme contrattuali molto simili alla precedente esperienza lavorativa e, infine nella maggioranza dei casi, mantenimento della precedente retribuzione.
Guardando alla prima di queste caratteristiche dei lavoratori ricollocati, vediamo come, nel triennio, i tempi medi per trovare una nuova collocazione sono al di sotto dei 6 mesi (5 mesi e mezzo per essere precisi), ben lontani dai tempi medi del disoccupato italiano, se si tiene conto che col tasso di disoccupazione intorno all8% più della metà sono di lunga durata (oltre i 18 mesi) e laltra metà dei disoccupati lo è da meno di un anno (dati Eurostat, giugno 2011). Questo dinamismo è dato dal processo di outplacement ormai piuttosto consolidato e ha anche risentito poco della crisi del triennio (oltre ad essere stata una grande opportunità in termini di fatturato): si pensi che i tempi medi di reinserimento sono cambiati poco in questo periodo, qualche settimana di attesa in più nel 2010 rispetto ai conclamati cinque mesi e mezzo del 2008.
Le tipologie contrattuali utilizzate per il ricollocamento del lavoratore non sono molto distanti da quelle della precedente occupazione, tanto che nel 33,2% dei casi il contratto è a tempo indeterminato e il 45,5% ottiene un contratto a tempo determinato. In percentuale minore ci si affida alla libera professione (8,7%) e un contratto su dieci è a progetto.
Il principale canale di ricollocamento è la sinergia tra pubblico e privato che si esprime nelle politiche attive volte al reinserimento: per il 41% dei casi è stata questa sinergia che ha permesso a molti candidati di ritornare al lavoro in breve tempo. Oltre a questo canale, sono molto importanti i network dei singoli candidati poiché, per un lavoratore su cinque, hanno permesso il celere reinserimento lavorativo: si pensi soprattutto alla ricca fonte di contatti che possono essere gli odierni social network (Linkedin su tutti).
Invece, deve far riflettere come il 16% dei lavoratori si sia autocandidato, probabilmente obbligati dalla non facile situazione interna, pertanto rimettendosi in discussione nel già difficile panorama di questi ultimi tre anni di crisi del mondo del lavoro.
Il ricollocamento non è solo ad appannaggio dei dirigenti o dei quadri, tuttaltro: il 35% di essi sono operai e il 40% impiegati, questo a dimostrazione del fatto che è unopportunità di reinserimento per tutte le funzioni lavorative presenti in azienda e che i processi per rendere più efficiente lorganizzazione aziendale possono essere gestiti anche tramite loutplacement, senza per questo andare a rendere difficoltoso il cambio di mansione dei singoli lavoratori. Dal punto di vista dei generi, il processo di ricollocamento ha una forte presenza maschile, dato che il 65% dei candidati ricollocati sono uomini.
In particolare, i dirigenti di sesso maschile hanno avuto una percentuale di successo di ricollocamento del 91%, molto più alta della media dei ricollocati che ricordiamo essere dell85% nel triennio 2008-2010: per i dirigenti donna la sproporzione in termini di presenze è considerevole rispetto agli uomini (2mila contro 300 circa).
Questi dati non possono che essere limpulso per un miglioramento delle politiche di entrata-uscita nelle aziende, accompagnando i lavoratori in un momento cruciale della propria vita lavorativa (e non solo).
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