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Camoranesi imita Zidane Vince la Juve dei campioni

Camoranesi imita Zidane Vince la Juve dei campioni

nostro inviato a Lecce

La Juve ha fretta di tornare in serie A. Altro che Calciopoli 2 e le nuove accuse che piombano sulla vecchia gestione bianconera. «Abbiamo pagato, stiamo espiando, il passato non è più cosa nostra», il refrain del presidente Cobolli Gigli. Convinto che, con altri 15 punti, sarà promozione matematica. A salvare Deschamps dall'insidiosa trasferta di Lecce (e dalla disgraziata direzione di Pantana, che nega un rigore solare alla Juve per un tocco di braccio di Giuliatto in area) ci pensa la classe dei campioni bianconeri, ma anche un po' di fortuna nelle scelte iniziali. È infatti l'infortunio di Paro nel riscaldamento, ultima tegola nel reparto di centrocampo, e l'inserimento di Marchionni fra i titolari a dare la prima svolta al match. Sarà infatti l'ex empolese a sbloccare il match e a mancare clamorosamente il bis (palo a portiere battuto) dopo un errore della difesa leccese. Sono poi i funambolismi di Camoranesi (una giocata alla Zidane che conduce al gol in apertura, una alla Maradona che consegna all'italo-argentino il sigillo personale) a fare la differenza. «Ogni tanto mi capita di tirare in porta, mi è andata bene - si schermisce l'esterno bianconero, al secondo gol consecutivo dopo quello con il Napoli -. Chi è sceso in campo ha lottato molto, ora dobbiamo continuare così».
Camoranesi - definito grande da Cobolli Gigli - ha unito la classe del centrocampista creativo, l'umiltà del mediano e la saggezza dell'esperienza. «Quando sta bene e ha stimoli, Mauro è protagonista. E non vi dimenticate che quando la Juve era in emergenza tra ottobre e novembre, fu lui a trascinare la squadra», sottolinea Deschamps. Che recita il mea culpa sull'iniziale esclusione di Marchionni («C'era rimasto male, ma se mi smentisce in campo va bene così»), esalta i suoi fuoriclasse («Si sono messi al servizio della squadra»), tronca ogni polemica su Bojinov, definito dal presidente Semeraro il Rooney dei leccesi («Volevo due esterni di corsa, l'avrei inserito più avanti con un Lecce più stanco, mi dispiace che i tifosi di casa l'abbiano fischiato»).
Senza Del Piero squalificato, Trezeguet resta in panchina, ufficialmente per un risentimento all'adduttore. Ma dopo la partita il francese, in rotta con la società per la questione contrattuale, dirà: «Stavo bene, è stata una decisione tecnica». Spazio quindi a Zalayeta e a Palladino, più opaco dell'uruguagio. Tra i titolari c'è il giovanissimo Primavera Dario Venitucci, venti anni, che gioca con incredibile personalità. Al gol di Marchionni, nato dalla prodezza di Camoranesi che «uccella» Polenghi e Zanchetta, risponde subito lo stesso Polenghi che di testa anticipa Birindelli. Papadopulo, 600 panchine da prof, tiene testa ai bianconeri nel primo tempo. Pantana, intanto, ne combina di tutti i colori penalizzando entrambe (se questi sono gli arbitri del futuro, Gussoni può mettersi le mani nei capelli). La Juve, dopo un po' di sofferenza, ristabilisce la differenza tecnica e di valori con il gol lampo di Zalayeta, a inizio ripresa, e quello di Camoranesi che dribbla tre leccesi e con un sinistro a girare batte Pavarini. I salentini, reduci da quattro vittorie consecutive, sono al tappeto.

In barba ai nuovi scottanti documenti provenienti da Napoli, la Juve ha troppa voglia di tornare tra le grandi.

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