Forse la ripresa ha raggiunto le campagne. I dati che provengono dalle rilevazioni statistiche per linizio del 2010 restituiscono un quadro molto interessante, che sembra indicare uninversione di tendenza dopo un anno e mezzo di cali continui dei prezzi dei prodotti agricoli «al campo» e dei margini per i contadini. Cogliamo loccasione per fare il punto su di un settore, quello agricolo, che nonostante il peso modesto sul Pil italiano (circa il 2%) riveste unimportanza storicamente molto superiore anche, ma non solo, per il suo ruolo di impulso sul più ampio settore alimentare, componente chiave degli indici inflazionistici.
Non per niente il dato macroeconomico principe per il ciclo mondiale, lindice dei prezzi americano, è conteggiato anche depurato delle voci alimentari ed energia, quelle che «pesano» molto nelle tasche delle famiglie e che hanno un andamento spesso autonomo dagli altri fattori.
I numeri (dati Istat per il primo trimestre 2010) evidenziano che i prezzi di vendita alla produzione sono stati in continuo calo nello scorso anno, registrando una flessione pari al 6,2% a fronte di costi per la produzione in leggero aumento. Se la rilevazione si estende di un altro trimestre nel passato, si registrano discese addirittura in doppia cifra per molti prodotti agricoli primari. Una situazione del genere, se la tendenza fosse continuata, avrebbe reso veramente problematica la vita agli operatori del settore. Va infatti ricordato che, anche se lagricoltura registra il più alto tasso di sommerso tra i settori tradizionali (con un inquietante 32% di valore aggiunto «nascosto»), si tratta di un comparto che ha storicamente avuto seri problemi di equilibrio, con forti rischi di fuga imprenditoriale e della forza lavoro nei periodi di difficile congiuntura. Proprio il contrasto allabbandono del lavoro agricolo ha del resto sempre costituito uno dei principali grattacapi per le politiche comunitarie europee. Ebbene, dalle ultimissime rilevazioni sembra che la stretta per i contadini si stia allentando: dopo il quadro sconfortante dellIstat, rilevato sino a marzo, linversione di tendenza pare esserci davvero, infatti secondo i dati aggiornati da Coldiretti il calo dei prezzi si era arrestato a maggio per poi far segnare a giugno il primo segno più (+7,3%) da 18 mesi a questa parte. Se il dato verrà confermato nei prossimi mesi, in contemporanea con i registrati miglioramenti della produzione industriale, potrebbe essere un segno definitivo che la parte più «profonda» del nostro motore economico sta ricominciando ad accelerare.
Fin qui laspetto industriale ed economico, tuttaltro discorso invece quello che si dovrebbe fare sulla dinamica dei prezzi al consumo, che poco o nulla hanno finora beneficiato dei cali registrati sinora alla produzione e che invece si teme potranno amplificare come al solito ogni piccolo aumento, dato che lincremento del costo dal campo alla tavola spesso raggiunge le cinque volte. In parte le famiglie si sono difese aumentando la propria spesa nei più economici supermercati e discount (quasi il 60% della spesa totale secondo i dati più recenti), tuttavia ci sono ampi spazi per migliorare la consapevolezza dellacquisto senza per forza cedere passivamente agli aumenti.
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