Campi nomadi, vincolo su un’area prescelta Nel sottosuolo di Casal Bianco, una delle zone individuate dal Campidoglio come possibile sede dei nuovi insediamenti attrezzati, c’è l’antica città di Ficulea. E ciò impedirebbe di costruire la rete sotter

Si chiama Ficulea. È il nome dell’antica città romana, risalente al I sec d.C., i cui resti sono sepolti sotto un centimetro di sabbia a Casal Bianco. Esattamente dove, si dice da mesi, potrebbe sorgere un campo rom attrezzato. Con roulotte, condotte d’acqua, lampioni e impianto fognario.
L’area, però, è sottoposta a vincolo archeologico. Carte, bolli, timbri, firme. I documenti cartacei che lo attestano sono precisi. Uno porta la data del 15 maggio 1998 e porta il nome dell’allora soprintendente archeologico Adriano La Regina. L’altro risale al 6 novembre 1995, sempre a firma La Regina. A mostrare la documentazione sono stati venerdì, poche ore dopo l’incontro con il prefetto, i comitati di quartiere del posto: Guidonia, Settecamini, Setteville, Marco Simone.
L’area archeologica, fra via Nomentana e Tiburtina, venne alla luce per la prima volta nel 1854 durante gli scavi per rintracciare l’antica città di Ficulea. Dalle nebbie del passato emerse in quell’occasione l’oratorio di Papa Alessandro martire, morto sotto l’imperatore Traiano nel 116 d.C.
Ma Ficulea è ancora più antica e ha origini latino-etrusche. Tanto che la via Nomentana era originariamente denominata Ficulensis perché portava da Roma fino al centro di Ficulea. L’antica città, il cui nome si deve ai figules (vasai), estendeva le sue propaggini dalla Nomentana fino all’altezza del nono miglio della Tiburtina, dove sorge oggi l’abitato di Casal Bianco. Sepolcri e dimore patrizie coprivano ininterrottamente tutta la zona fino a Tivoli, dove Adriano eresse la fastosa Villa che porta il suo nome. Questo per dire che sotto Casal Bianco c’è di tutto. Addirittura, sostengono i residenti, affiorerebbero da sotto il terreno vestigia dell’epoca villanoviana, cioè di antichissime necropoli del X secolo a. C.
Un lungo salto in avanti, giungiamo a metà degli anni ’90. Quando le lottizzazioni dell’espansione edilizia interessarono anche Casal Bianco. In quell’occasione, gli scavi propedeutici dei piani di zona fecero emergere ulteriori tracce dell’antica città. Come documenta la suggestiva foto in bianco e nero a fianco, tratta dal libro «Roma oltre le mura», autore lo studioso Carmelo Calci. Alla fine la soprintendenza pose i vincoli archeologici. Che sembra siano ben quattro. I reperti vennero coperti sotto un leggero strato di terra per essere tutelati. E i piani di zona, per 9mila stanze, furono cancellati. A Casal Bianco, dicono i comitati di quartiere, venne addirittura promesso che lì sarebbe sorto un parco archeologico.
I vincoli potrebbero essere in qualche modo cancellati per interesse pubblico? In superficie sì, ad esempio per fare un manto stradale, ma sotto no. In pratica non sarebbe possibile costruire la rete di servizi per il campo rom, acqua e altro, perché distruggerebbe inevitabilmente i reperti di 2000 anni fa. Lo dice il comma 1 dell’articolo 20 del codice Urbani, la legge 42/2004 che tutela le aree archeologiche.
Su questa robusta linea di difesa faranno leva i comitati di quartiere per impedire che a Settecamini arrivino i rom. Domani è in programma un’assemblea a Setteville per decidere le prossime mosse. Il materiale cartaceo (in formato A3) che documenta i vincoli, ancora riservato, ufficialmente non è in possesso dei comitati di quartiere. Di fatto sì.

Tanto che le carte sono state fatte vedere al prefetto venerdì pomeriggio. Giuseppe Pecoraro nel leggerle è rimasto in silenzio, meditabondo, ma la faccia che ha fatto, raccontano i rappresentanti dei comitati, fa capire che Settecamini e Casal Bianco i rom non si vedranno.

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