Il campionato con meno gol cerca bomber disperatamente

Serve l’attaccante, passa parola che va di moda in tutta Europa. Lo dice Carlo Ancelotti al Chelsea e Abramovich prova l’offerta monstre al Liverpool: 40,5 milioni di euro per Fernando Torres. Lo spagnolo è un vecchio pallino del tecnico: flirtava già nel 2006. E quelli dei Reds gli rispondono: vedremo. Ma intanto hanno chiuso la trattativa con l’Ajax per il puntero uruguyano Luis Suarez: 26,5 milioni di euro. Invece Massimo Moratti si presenta da Garrone con 20 milioni tra cash e il cartellino di Biabiany (8 milioni), e l’altro mister Petrolio del nostro campionato gli dice: va bene, s’accomodi. Salvo piagnucolare dopo la firma sul contratto («Da tempo c’erano troppe sirene per Pazzini. Non siamo stati noi a liberarcene») e far sapere che la corda è tesa «E se si rompe... a fine anno potrei lasciare».
Nonostante la corda tesa, Milano ringrazia: Garrone ha ceduto Cassano al Milan e Paz all’Inter. Una goduria per il pubblico di San Siro. Cassano ha già infilato diversi assist. Pazzini si presenta con un corredo di 96 gol(48 con la Samp, 33 con la Fiorentina, 15 con l’Atalanta), la richiesta della maglia numero 7 che all’Inter fu di Jair ma anche di Quaresma. E l’Inter ha sostanziosamente fortificato un attacco indebolito dalla partenza di Balotelli, dalla fragilità di Milito e dalla insensibilità al gol di Pandev. Mica poco.
E chissà che le due milanesi, così impegnate tra Champions e campionato, non abbiano trovato soluzione ad una malattia tipica del nostro campionato: la Serie A è un torneo a basso regime di gol. Le classifiche comparate dicono che la media reti di una giornata è la più bassa fra i 5 tornei più importanti della vecchia Europa: in Spagna il ritmo è di 28,1 gol a giornata, in Inghilterra pressochè uguale (ma a due terzi delle squadre manca almeno una partita da recuperare: la media potrebbe variare). In Italia corriamo da ultimi con una media di 23,3 reti. E il conto non fa una grinza guardando anche all’ultimo turno dove sono stati segnati 20 gol, pur con tre triplette.
Si dirà:in Spagna le difese sono più allegre, figuriamoci in Germania. Per gli attaccanti vita più facile. Ma non per la logica dei tecnici. Mourinho ha rischiato un incidente diplomatico pur di avere una punta in più, dopo l’infortunio di Higuain. É arrivato Adebayor che Mancini ha spedito solo dopo aver ottenuto il top delle punte in vendita: ovvero Dzeko, inseguito da mezza Europa. Il mercato delle squadre italiane si è adeguato a quel che raccontano le statistiche: quasi tutte hanno aggiunto uno o due attaccanti alla rosa.
Certo la Juve ha inseguito Dzeko ed è rimasta con Toni. Non proprio un successo. Si affida ad Amauri (in aria di cessione al Genoa), sta puntando su Klose, l’unico attaccante a prezzi umani con un rapporto qualità-gol di alto livello. Era l’alternativa richiesta da Mou se non fosse arrivato Adebayor.
Raccontavano le statistiche di qualche anno fa che il coefficiente fra i punti finali in campionato e le reti segnate contava molto in Spagna e Francia, un po’ meno in Inghilterra e Germania, molto meno in Italia. E tuttora non ne siamo lontani: il Milan ha il peggior attacco (37 gol) tra le squadre in testa, ma il migliore per l’Italia. Il capocannoniere della A è Totò Di Natale che se ne sta a Udine, periferia del potere. Che poi Guidolin sostenga: «Di Natale è il nostro Maradona» non cambia la sostanza. Con Maradona il Napoli vinceva scudetti, l’Udinese conquista punti. Di Natale ha segnato 15 reti, come Sow nella capolista Lilla in Francia, Cissè (Friburgo) e Gomez (Bayern) capocannonieri in Germania. In Spagna il Barcellona ha segnato 64 gol, anche se il capocannoniere è Cristiano Ronaldo (22 reti). In Inghilterra il Manchester United sta davanti a tutti grazie alle reti di Berbatov (19) che non è un fenomeno, ma da qualche tempo non perdona. Morale: in Inghilterra non occorrono fenomeni per far corsa di testa. Non dimentichiamo che il Milan ha Pato e Ibrahimovic, sulla carta più forti di Berbatov.


Dunque, dove sta il nostro male? «Siamo un paese di vecchi e con l’abitudine a preoccuparci soprattutto della fase difensiva», ha suggerito di recente Arrigo Sacchi. Vero, ma ora anche le difese fanno acqua. Risultato: forse non sappiamo più scegliere. Forse sbagliamo troppi gol e...acquisti.

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