Campione della dignità dell’uomo

Nietzsche fu il grande erede e continuatore della cultura classica dell’epoca goethiana, col suo mito della Grecia antica. Era un uomo di retto sentire che aveva in odio la falsità e l’ipocrisia. Diceva di sentirle a naso («Il mio genio è nelle mie narici») e si impegnò a combatterle in tutte le cose umane. Con lo scetticismo che contrassegna tutte le sue opere, tranne lo Zarathustra, autobiografico, provocò un terremoto, mandando in frantumi sistemi filosofici, religioni, morali, tradizioni, costumi, insomma tutte le cose che hanno origini umane, troppo umane, cioè che sono commiste di illusione, superstizione, menzogna.
Fu il più grande campione dell’indipendenza umana, non per superbia e presunzione, ma per dignità. Voleva che l’uomo, che nelle lotte della vita non può contare sul padre celeste e sulla provvidenza, contrariamente a quel che predica la religione, andasse a testa alta e non si avvilisse e disarmasse in un servilismo privo di senso di fronte a una presunta divinità soccorritrice. Proclamò il nichilismo, cioè la negazione della conoscenza e della morale: della prima in quanto non c’è ponte tra pensiero e realtà e non esistono che prospettive dipendenti dalla natura e dalla misura di forza dei singoli esseri; della seconda in quanto la morale è un ribaltamento dell’ordine interiore nel caos dell’universo, una barriera elevata contro l’onda distruttiva dell’universo e ha dunque senso antropomorfico e di autoconservazione. Con esso operò, dopo Copernico, Kant e Darwin, una ulteriore rivoluzione copernicana, dimostrando l’inesistenza nella natura di un qualsiasi senso unitario, fondamento, e principio che non fosse la volontà di potenza, che pone tutti gli esseri in concorrenza tra loro.
In tal modo rese all’uomo la libertà e la responsabilità della propria vita nella problematicità del mondo. Oltre che un grandioso demistificatore, fu un educatore alla grandezza e l’autore di un’etica pura e disinteressata, fu un genio della psicologia e un acuto diagnostico della crisi in cui si trovò a vivere. Fu profeta e grande poeta tragico.

Trasfigurò appunto la crisi della civiltà cristiano-europea giunta al suo tramonto in poesia tragica (la visione dionisiaca), dandole corpo spirituale e accelerazione. Per quest’ultima cosa in particolare è stato, come dice Thomas Mann, un fenomeno epocale mitico-terrificante.

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