Il campione ragazzino ora è diventato un uomo

Qualche tempo fa, in una trasmissione tv dedicata alla nostalgia, spuntò un’intervista fatta a un ragazzino impegnato in una gara di minimoto: aveva 12 anni e nella parlata, nelle movenze, nella brillantezza degli occhi era già Valentino Rossi. Diciotto anni dopo, a vederlo nel giorno del trionfo, sembra cambiato poco, l’altezza, certo, ma non l’anima di quello che per noi tutti, appassionati o meno, resta sempre un giovanotto, seppur un giovanotto campione arrivato al nono titolo del mondo, settimo nella classe regina del motomondiale, sesto in MotoGp.
E invece no: quello conquistato ieri non è un titolo mondiale qualunque, ma probabilmente il primo titolo mondiale dell’uomo Valentino Rossi, che già nel 2008 aveva messo i presupposti per la sua nuova vita. Ricordatelo: Valerossi è stato per anni la nostra anima bambina, il compagno di giochi della domenica che ci ha fatto sempre divertire, con le sue vittorie e con le sue invenzioni del dopo gara, una volta Dottore, una volta con la bambola gonfiabile sulla moto, una volta carcerato. Scenette e scherzi di chi aveva sempre voglia di giocare, fino a quando la vita gli ha presentato il lato oscuro, le amarezze, il sospetto, il nuovo ruolo di stella caduta. Non c’è dubbio infatti che i problemi con il fisco, il diventare personaggio da prima pagina e non per meriti sportivi, abbia cambiato i rapporti tra Rossi e l’Italia, tra Valentino e gli italiani, sempre pronti a sentirsi campioni quando hanno un eroe che li rappresenta, ma anche a mandare al rogo il suddetto perché «certe cose non si fanno» anche se le fanno tutti. Sempre pronti a giudicare le debolezze altrui senza mai guardare le proprie.
Così Vale un giorno ha scoperto che la ricreazione era finita, che non c’era più un intervallo per consumare la merenda e che nel mondo reale non ti puoi fidare più di nessuno, neppure di chi ti ha seguito per una vita dicendoti che andava tutto bene. Rossi ha scoperto che era ora di diventare uomo e l’ha fatto, sbagliando magari - come disse di aver fatto dopo aver risolto le pendenze con le Fiamme Gialle -, ma sbagliando di testa propria. Così come ha sempre fatto quando ha vinto: di testa propria.
Ecco, in quel momento è nato il nuovo Valentino Rossi, che ci fa divertire come sempre, ma che finalmente ha capito di essere un campione anche nella vita e che in fondo i successi vanno divisi il più possibile ma hanno un solo padrone. Così, dopo un 2008 di rabbia, dopo l’ottavo titolo mondiale arrivato per dimostrare al mondo che il Dottore non era più malato, è arrivato il nono, quello da «gallina vecchia», ovvero quello della maturità.

E se rivedendo quelle immagini di 18 anni fa, la faccia, la voce, lo sguardo del piccolo Valentino sono gli stessi del campione Rossi, non c’è dubbio che ieri il Motomondiale ha festeggiato un nuovo trionfo, quello di un campione diventato uomo. E per questo, forse, è il trionfo che ci piace di più.

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