Prima dell’alba di ieri trecento poliziotti e carabinieri sono andati all’assalto del campo nomadi Lambro Meridionale di via Chiesa Rossa per eseguire trentuno ordini di custodia in carcere. Lo spiegamento di forze è stato reso necessario non tanto dal gran numero di persone da arrestare quanto dalla situazione del tutto particolare in cui la retata avveniva: «Una zona off limits per lo Stato» dove vigeva «una specie di extraterritorialità », e dove l’unica legge vigente era quella dei clan nomadi. Parola del pm Massimiliano Carducci, titolare dell’inchiesta.
Telecamere per sorvegliare gli ingressi, rottweiler di guardia, vedette minorenni. «Servono per garantire la nostra sicurezza », avevano sempre sostenuto gli abitanti del campo, qualche centinaio di nomadi, tutti nati in Italia e con passaporto tricolore. «Servivano per realizzare in santa pace i reati a ripetizione che costituivano la principale attività di una parte degli abitanti », è la replica degli investigatori. E cioè truffe, rapine, furti, che avvenivano tutti all’interno del campo, dove le vittime venivano attirate e ripulite.
Il campo di via Chiesa Rossa è assai diverso da insediamenti selvaggi come via Triboniano. Non è una baraccopoli ma un piccolo paese di villette prefabbricate e motorhome di lusso. C’è anche una piscina, un giardino con i lama e i pavoni. Non è abusivo ma regolare, autorizzato, censito dal comune, visitato mensilmente dai vigili urbani, che verificano scrupolosamente gli elenchi dei residenti. Eppure in questa apparente normalità regnava l’illegalità più diffusa. Al punto che lo stesso pm ammette che i quaranta fatti accertati sono una piccola parte di quelli accaduti, e che i trentuno arrestati (sei dei quali, in realtà, mancano ancora all’appello) sono solo quelli che si è potuto incastrare direttamente, riconosciuti uno per uno nelle foto, che però erano circondati dalla omertà e dalla solidarietà dell’intero campo. «Una trappola», definisce il campo Carducci, «con una sola entrata.
Una volta convinti a entrare non si poteva più uscire». Sugli escamotage con cui le vittime venivano convinte a superare la soglia del campo l’ordine di cattura resta sul vago: si parla di venditori attirati con la speranza di vendere a buon prezzo, di acquirenti attirati con la speranza di comprare a poco. «Avvicinavano la gente nei centri commerciali, dicevano "vieni da noi, le stesse cose le abbiamo a metà prezzo"», poi una volta entrati volavano le botte e le minacce, prima venivano spogliati di tutto poi convinti con le cattive ad andare via, «esci fuori di qui se no ti ammazziamo». È chiaro che una ricostruzione simile non finisce di convincere. Chi mai entrerebbe di sua spontanea volontà in un campo nomadi con la premessa di un affare pulito? Ma le intenzioni più o meno cristalline delle vittime non giustificano in nulla quanto accadeva.
Tra le vittime c’è chi si è visto portare via mobili per migliaia di euro, chi camionate di alimentari, chi soldi contanti, chi automobili, chi biciclette. Il campo nomadi inghiottiva qualunque merce.
E se cercava di difendersi veniva cacciato con la forza, a badilate, a sassate. «Che cazzo vuoi, stronzo, vattene di qui altrimenti ti ammazziamo, non farti più vedere» urlavano donne e bambini mentre i papà facevano sparire il bottino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.