Campo temporaneo. Ma col bus

Il Campidoglio chiede al Cotral una fermata per la tendopoli che doveva restare solo due mesi

Alessia Marani

Assediati dagli scarafaggi, assaliti dalle zanzare: al pronto soccorso come in una palude. Incredibile ma vero succede al Policlinico di Tor Vergata, fiore all’occhiello della sanità nel Lazio: una struttura avveniristica con ambulatori, degenze e reparti tra i più attrezzati dello Stivale. Eppure per chi approda nell’ospedale universitario di Roma Est tramite il dipartimento d’emergenza la situazione è da Terzo Mondo. Come dimostrano decine di esposti inviati nei due anni d’apertura dal personale infermieristico alla direzione sanitaria (e rimasti lettera morta), com’è sotto gli occhi di almeno un centinaio di degenti e accompagnatori che ogni giorno varcano la soglia del «first aid» al pian terreno del palazzone di vetro. Tanto che l’altro ieri gli stessi pazienti, esasperati, sono arrivati a firmare una petizione: «In queste condizioni non si può andare avanti. Senza sicurezza, adeguata assistenza e con zanzare malefiche dappertutto». Accompagnata dall’ennesima al vetriolo sottoscritta dagli operatori, quattro dei quali (un infermiere, due ausiliari e un radiologo) aggrediti da una coppia di tossicodipendenti durante il turno di notte e costretti a loro volta alle cure mediche.
Basta dare un’occhiata all’interno. All’ingresso, il box delle accettazioni è privo di vetro separatore dal pubblico (e il posto di polizia è aperto solo saltuariamente e rigorosamente off-limits dalle 20 alle 8 del mattino); spesso a fare il primo filtro di registrazione sono gli amministrativi e non gli infermieri del triage (esposto del 1° agosto). Non basta. È sufficiente varcare una porta per trovarsi in una specie di girone infernale: fino a trenta pazienti, uomini e donne - chi in attesa di prima visita, chi già sotto cura - letteralmente parcheggiati in un «open space», uno stanzone subito ribattezzato dagli addetti come «la piazzetta». Con solo due prese per la corrente a cui poter collegare respiratori, monitor e ossigeno. A tal proposito già l’11 novembre del 2004, le unità infermieristiche denunciavano: «In merito all’open space, decliniamo ogni responsabilità professionale e medico-legale nei confronti dei pazienti. Soprattutto per quelli che vi sostano da diverse ore, se non da giorni e a cui è possibile dare assistenza solo parzialmente efficace sia qualitativamente che quantitativamente». Dalla piazzetta, in cui sostano contemporaneamente accompagnatori e familiari, si accede alle due sale mediche. Da qui attraverso un corridoio adibito a breve osservazione con posti letto sistemati alla meno peggio tra magazzini, bagni e spogliatoi del personale, con un percorso tutt’altro che agevole, ci s’incanala nella sala «rossa» quella, paradossalmente, destinata ai codici più urgenti. Anche qui zanzare, scarafaggi alle pareti, medici e infermieri che le provano tutte per eliminare gli odiosi ospiti indesiderati. Il peggior nemico in ambienti sanitari dove virus e batteri possono così facilmente trasmettersi attraverso le punture. Qualcuno - sostengono i ben informati - si sarebbe persino offerto in passato di acquistare a spese proprie zanzariere e vetri oscuranti (ci sono solo delle tende malandate che coprono la vista dall’esterno), incontrando però veti decisamente inaspettati. Zanzariere, pellicole oscuranti, vetri separatori finirebbero, infatti, per rovinare nientemeno che l’estetica della struttura. Come del resto i carrelli porta medicine (troppo bassi e scomodi all’occorrenza) e l’arredo in generale vengono rigorosamente scelti dagli architetti.


Intanto nell’ala opposta del Policlinico proseguono (a rilento) i lavori per la realizzazione del nuovo Dea (Dipartimento emergenza e accettazione) di primo livello. Cantiere finanziato dalla giunta Storace e che con la nuova amministrazione ancora non riesce a vedere luce.

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