Canguro Stoner umilia tutti e Valentino scivola via

Indianapolis. Il più veloce di venerdì, il più veloce al sabato mattina, il più veloce in qualifica. Casey Stoner è stato questo ieri nella patria del motorismo a stelle e strisce, Indianapolis, in the middle of nowhere, nel mezzo del nulla come la chiamano i newyorkesi. Quel che è peggio, è che l’australiano leader del mondiale l’aveva pure anticipato a parole e questo, nello scaramantico motomondo, è gesto raro: «La verità è che non mi sono mai sentito così forte, mi sento proprio bene» ha sussurrato prima di montare in sella, quasi non si capacitasse di quanto gli veniva facile far volare e scivolare la sua Honda.
Detto e fatto e nulla da fare per Spies (Yamaha) a mezzo secondo e il compagno Lorenzo («qui sarà davvero difficile sorpassare, la pista è molto sporca, fortunatamente va un po’ meglio dopo due giorni infernali»).
Nulla da fare soprattutto e purtroppo per Valentino Rossi caduto alla curva due, proprio nei primi minuti, e da quel momento sempre lontano, ultimo e poi penultimo tempo, a due secondi e rotti, addirittura un secondo più lento rispetto ai suoi tempi del mattino (finirà quattordicesimo). Nella scivolata avvenuta in un cambio di direzione («mi si è chiuso lo sterzo» dirà Rossi) sulla moto numero uno del nove volte campione del mondo si sono rotti un braccetto dello sterzo e una pedana. Risultato? Gli è toccato fare i restanti 45 minuti di qualifica con la moto di riserva e «l’altra Gp11.1 era la migliore, quella con la sospensione posteriore diversa, che mi dava più fiducia sull’anteriore, così ho perso il feeling e mi sono infastidito».
In Ducati è tutto un rimboccarsi le maniche. Se le rimbocca Valentino, ma se le rimboccano in quel di Borgo Panigale i tecnici e i ragazzi e gli operai del reparto corse perché «ferie abolite per tutti» è il leit motiv di quest’estate senza soddisfazioni in cui c’è da inseguire e recuperare e trovare nuove soluzioni.

Soprattutto, c’è da far propria la nuova via indicata dal Dottor Rossi visto che solo lui sa quanto sia difficile andare a riacchiappare i colossi nipponici che tra il 2009 e il 2010 hanno fatto passi da giganti spiazzando (purtroppo il discorso vale anche per il 2012, moto cilindrata 1000) la Casa italiana. Non è infatti un caso - come anticipato da «Motosprint» - che la Ducati abbia messo in cantiere anche il progetto di un telaio classico in alluminio. Classico nel senso a guscio, stile Yamaha, stile Honda insomma.

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