RomaAnimali in soccorso dei bambini. Cani e delfini possono essere usati per cercare di abbattere la barriera emozionale che divide i bimbi autistici dal mondo. E spesso ci riescono più degli stessi esseri umani.
Sarà per questo che la Pet Therapy da qualche anno è diventata una via alternativa e parallela a quella percorsa dai principali esponenti della comunità scientifica, che si riuniscono proprio in questi giorni per celebrare la Giornata mondiale dellautismo, fissata dalle Nazioni Unite per il 2 aprile prossimo.
La Pet Therapy in molti casi funziona, che sia fatta con Fido o con un delfino giocherellone. «Ho iniziato a lavorare con i bambini autistici su richiesta di alcune scuole e centri per disabili - racconta Renata Fossati, psicopedagogista e allevatrice esperta -. Da allora ho seguito, insieme al mio gruppo, una decina di piccoli, dai 5 ai 24 anni -. Prima di tutto bisogna dire che lautismo, come ogni sindrome, non può essere categorizzata: ci si deve confrontare con il soggetto affetto dalla patologia oltre che con la patologia stessa. Pertanto, ci sono pazienti che traggono notevoli benefici dalla Pet Therapy e altri che, al contrario, potrebbero sviluppare fobie verso lanimale». Il rapporto cane-bimbo autistico coinvolge la sfera emozionale: il piccolo prima è attratto dal nuovo amico a quattro zampe, poi pian piano inizia a interagire. «Ho seguito per due anni un bimbo che ne aveva cinque durante alla scuola materna e poi un anno alle elementari - prosegue lesperta -. Ha fatto molti cambiamenti, grazie allinterazione con il cane. Nella prima fase un bassotto, che se ne stava tranquillo in un cestino a farsi accarezzare. Poi un samoiedo, cane bianco, peloso, allegro e dolcissimo. Il bambino che non riusciva allinizio a star seduto per più di 12 secondi, dopo cinque mesi passava anche 12 minuti vicino allamico, spazzolandolo, dandogli da mangiare, accarezzandolo». Una conquista enorme, quasi come scalare il K2.
«Il secondo e terzo anno, abbiamo chiesto anche alle insegnanti di lavorare con un piccolo gruppo di coetanei - prosegue Renata Fossati -. E lì che il bimbo ha imparato a fare azioni in sequenza: stava seduto con tutti gli altri e aspettava il suo turno sorridendo per accudire il cane». Si possono usare bassotto, golden retriever, cocker e anche labrador. «Non cè una razza da prediligere - conclude lesperta -. Anche i meticci vanno benissimo, limportante è che abbiamo buon temperamento, siano più grandi di 18 mesi ed educati a questa missione». Ma la Pet Therapy va anche oltre. Il professor Davide Moscato, direttore del Centro Cefalee e Disagio Psichico dellospedale San Carlo di Roma dal 2003 fa terapia con gli animali da fattoria. «Solitamente inseriamo due bimbi autistici in un gruppo di sei-otto coetanei con diverse patologie psichiatriche - spiega il professor Moscato -. Gli autistici in pratica restano isolati dal mondo nel momento in cui invece tutti gli altri bimbi crescendo sviluppano capacità cognitive e affettive. Lanimale riesce a catturare la loro attenzione: il piccolo non guarisce ma può essere aiutato a uscire dallisolamento». E che dire del leone marino? «Già, da maggio abbiamo dato il via anche a un progetto, questa volta riservato solo ai pazienti autistici - conclude il primario -.
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