Ci risiamo con la filosofia che «i panni sporchi si lavano in casa». A distanza di 50 anni dalla celebre frase di Andreotti contro «Umberto D» di Vittorio De Sica, ecco riproporsi una vecchia polemica. Tranquilli però, questa volta il «caso» avrà la vita breve di un gossip. Basti pensare che nel ruolo che fu di Andreotti troviamo oggi Cannavaro, mentre il film è Gomorra, pellicola (per molti sopravvalutata) diretta da Matteo Garrone e tratta dal libro (unanimemente lodato) di Roberto Saviano.
A rilanciare il gioco dei corsi e ricorsi storici in chiave social-cinematografica è un’intervista del capitano azzurro al settimanale Chi: «Per l’Italia spero che Gomorra vinca l’Oscar. Ma non penso che gioverà all’immagine del nostro Paese nel mondo. Abbiamo già tante etichette negative». Fabio Cannavaro, l’emblema del napoletano vincente con tanto di coppa d’oro sollevata al cielo, ha accusato il colpo per una battutaccia rivoltagli da un suo poco Real compagno galactico di Madrid: «Mi ha detto: “Italiano? Mafioso”». Scusa Fabio - ma tu che sei abituato al gioco duro - non potevi rispondergli con una bella entrata a gamba tesa? Invece no, Fabio preferisce fare il meditabondo: «Facile che un problema locale venga generalizzato»; peccato che definire la mafia (o la camorra o la ’ndrangheta) un «problema locale» è decisamente semplicistico. Del resto Cannavaro è un professionista del pallone, mica un professionista dell’antimafia.
Nei giorni dell’uscita del film «Gomorra», Fabio era stato spesso sentito sull’argomento: «Ho letto il libro di Saviano fino all’ultima pagina, Roberto ha avuto il grande coraggio di raccontare quello che ha visto e vissuto. Alcune cose mi hanno sorpreso, ma la vera sorpresa è constatare che la gente pensa che Napoli sia solo quello. Nella mia città ci sono anche persone oneste. È un posto dove si può vivere bene».
Cannavaro aveva guidato il gruppo di giocatori della nazionale che, durante il ritiro a Coverciano in vista degli Europei, era andato al cinema per vedere il film di Garrone; tra loro, anche l’allora ct, Roberto Donadoni, che si era detto «molto impressionato» dal film.
Ma l’intervista di Cannavaro su Chi (oggi in edicola) tocca anche un altro tema caldo: l’apertura del governo Zapatero ai matrimoni gay. Sull’argomento Fabio ha un’idea semplice ma precisa: «Mmmh, su questo, sono più italiano... Comunque, rispetto le scelte del premier spagnolo».
Non manca una frecciata, tra il serio e il faceto, all’ex compagno di squadra, Zlatan Ibrahimovic: «Per ora, se vuole vedere il Pallone d’oro, deve venire a vederlo a casa mia, che l’ho vinto nel 2006».
L’intervista si conclude all’insegna della leggerezza: «Ammiro la scelta di Marco Borriello».
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