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"Il canone? Tassa ingiusta Questa Rai non la merita"

L’assessore regionale Zanello aderisce alla campagna sulla tv pubblica: «Segue logiche tutte romane ma è la Lombardia che la finanzia»

La battaglia per abolire il canone arriva in Regione. L’assessore alla Cultura, il leghista Massimo Zanello, annuncia che combatterà perché Milano e la Lombardia possano avere una rete Rai e dire la loro nella scelta di programmi e produzioni. «Porterò la questione in Consiglio e in giunta. Così com’è la Rai è un’azienda romana e trasferire Raitre rischia di essere solo il cambio d’indirizzo di un direttore. Invece è fondamentale che i lombardi possano usufruire direttamente di una parte del canone. L’azionista della Rai è il Tesoro, la nostra proposta è che il 50 per cento delle quote venga distribuito tra le Regioni, sulla base di quanto contribuiscono a pagare il canone».
È una bella proposta, ma anche se i ci fosse la volontà politica, i tempi di attuazione restano lunghi. E nel frattempo?
«Aderisco alla proposta di non pagare il canone, che è imposta sotto forma di tassa. E questo non può essere, perché è incostituzionale. Per i servizi pubblici si pagano le tariffe, correlate alla fruizione del servizio. Come per i rifiuti o il biglietto del treno, il pagamento dipende dal servizio. Ormai invece è una patrimoniale sulla televisione».
Perché ritiene che sia una questione specifica della Lombardia, da dover affrontare in Regione?
«Perché il canone lo pagano solo al Nord, mentre le televisioni si vendono dappertutto. Si può dire che l’unica cosa della Rai che coinvolge il Nord è il canone. La Lombardia contribuisce al 30 per cento, sia perché la regione è grande, sia perché i lombardi lo pagano. A questo punto, o la Rai cambia le sue politiche, per cui diventa un’azienda nazionale, oppure ognuno si paghi le sue cose».
Un leghista chiede una Rai nazionale?
«Il problema della Rai è che non è una tv nazionale, ma una tv locale di Roma! Oggi la Rai non è un’azienda nazionale ma romana. Se è un’azienda locale, trasmetta solo nel Lazio, tanto i dipendenti sono tutti romani e la lingua ufficiale è il romano. Però il canone se lo paghino i laziali. I lombardi non possono continuare a pagare un servizio locale romano».
E Raitre? Che cosa manca nei programmi?
«Raitre, che dovrebbe essere dedicata alle vicende locali, è nazionale. Dalle fiction ai telegiornali, il problema è dappertutto e in tutte le reti. Dov’è la redazione economica della Rai? A Roma! È come mettere la redazione nautica a Sondrio. Non ha senso. Dal punto di vista culturale, lo dico da assessore alla Cultura, la ricchezza del Paese è la diversità».
Pensa che una soluzione possa essere spostare la terza rete a Milano?
«Purtroppo non è così. Spostiamo il canale, ma non è l’indirizzo sulla carta intestata che fa la differenza. Perché centinaia di produzioni sono concentrate a Roma e non in Lombardia? Per scelta politica. Di qualcuno. Non è l’esito di una superiore capacità, perché è tutt’altro che così».
Sono anni che si parla di questi temi. Perché la situazione non cambia?
«Il vero problema di queste grandi aziende di Stato è che sono totalmente autoreferenziali.

Non è vero che sono aziende pubbliche e che comanda il governo, fanno quello che vogliono con i soldi pubblici. Il cda non controlla nulla. La Rai è un partito molto influente, non eletto e fuori da ogni controllo democratico».

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