«Canto Mina, ma resto un grezzo»

Lui è un romano de Roma verace, un po’ grezzo e col cuore in mano, sorriso aperto e battuta (a volte crassa ma sempre spiritosa) pronta, generosità che sfocia nell’invadenza. Lui, Maurizio Mattioli, è come i personaggi che ha portato al Bagaglino o fatto vivere nei film dei Vanzina o in popolari fiction tv come Un ciclone in famiglia e I Cesaroni. Chiamatelo «spalla» se volete, ma le sue gag hanno segnato la nuova commedia all’italiana. Avete presente la sua voce bassa, roca, leggermente sgangherata e con quell’accento dialettale talmente marcato che non sfuggirebbe nemmeno a un eschimese? Ora Mattioli la usa per cantare, e gli riesce anche bene. Esce in questi giorni il suo primo cd Un po’ Roma e un po’ no, con classici come Roma nun fa’ la stupida stasera e Er barcarolo, inediti come Ninna Nanna Anna dedicato ad Anna Magnani, pezzi di storia come Io che non vivo, Che vuole questa musica stasera di Peppino Gagliardi e Grande grande grande di Mina.
Complimenti caro Mattioli, persino con Mina s’è cimentato.
«Il cd è nato per scherzo ma è un disco vero. Una sera cantai a uno spettacolo di beneficenza Roma nun fa la stupida, tratta dal Rugantino che è stato un mio cavallo di battaglia. Qualche mese dopo mi hanno chiesto di incidere un album: ho pensato a uno scherzo, ho detto ma che siete matti? E invece è venuta fuori una bella cosa con brani come Sempre, scritto da Castellacci per Gabriella Ferri e M’ennamoro de te del mio amico Califano».
E Mina?
«Quando m’hanno chiesto di cantarla mi sono spaventato ma poi ho pensato: questi non saranno mica dei kamikaze. E incidendola ho pensato al mio primo Rugantino con Garinei e Giovannini, dove facevo Mastro Titta, ruolo di solito affidato ad Aldo Fabrizi, e mi è passata la paura. Non voglio fare il cantante, sono l’interprete di una stagione, quella del grande dimenticato Peppino Gagliardi, della Magnani, del mio amico Califano e Canzoni stonate che per me è il ritratto di una generazione».
Lei e Califano siete molto simili.
«Ci unisce la spontaneità, la sincerità, il gusto dell’avventura, la romanità anche se lui deve aver preso un virus perché non ha il cuore giallorosso ma è interista».
Ci vuole coraggio a cambiare così ruolo.
«Beh però io vengo dal musical di Garinei e Giovannini, dalla rivista, e poi noi attori siamo bambini che hanno la possibilità di giocare in tutti i ruoli».
Lei è stufo del suo ruolo?
«Assolutamente no. Mi piace la comicità e i ruoli che interpreto, da personaggio del popolo caciarone ma dai valori forti. E anche di taglia forte, nel mio caso. Un uomo che si butta, che conosce l’arte di arrangiarsi ma che è fondamentalmente sano».
Far ridere è un’arte.
«Certo e io l’ho appresa essendo nato col teatro classico, recitavo Shakespeare. Poi naturalmente i miei maestri sono Enrico Maria Salerno, Garinei, Oreste Lionello e Lando Fiorini che mi ha lanciato nel vero senso della parola».
Ovvero?
«Mi ha buttato sul palco del Puff, lo storico teatro dove sono cresciuti Montesano e Gullotta e mi ha detto: “prova Maurì, qui o fai ride o cambi strada”, e m’è andata bene».
Quali sono i suoi personaggi cui è più affezionato?
«Beh, l’ultrà romanista che terrorizza Boldi in Fratelli d’Italia oramai è un cult; è un personaggio a tinte forti, un po’ paradossale un po’ da grand guignol, non certo da imitare ma rappresentativo della realtà. Poi ricordo con piacere il Bagaglino; è stato molto criticato ma era una fucina di grandi comici e faceva ascolti da paura, da festival di Sanremo. Infine amo il mio ruolo da balordo nei Cesaroni».
Tornerà nei Cesaroni?
«Sarò nell’ultimo episodio della serie che stanno girando ora e poi vorrei tornare a tempo pieno in quella successiva».
Qualcuno la considera la spalla di Boldi: le dà fastidio?
«No, però ultimamente, nella fiction Un ciclone in famiglia ad esempio, siamo protagonisti alla pari, uno dallo spirito lombardo e l’altro romano. Io non invidio e non sono invidioso. Amo far ridere ma ho interpretato anche altri ruoli».


Ad esempio?
«Il pranzo della domenica dei Vanzina, che ha avuto una nomination ai Nastri d’argento, è una bella commedia. Poi ho girato in Argentina con Cinzia Th Torrini un film che uscirà presto in cui uccido mio figlio; e in un cassetto c’è Il tramite di Stefano Reali che parla di espianto di organi».

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