Caos Ucraina, chiesta la mediazione straniera

Il primo ministro Yanukovich tenta di internazionalizzare la crisi. Yushcenko non cede

Caos Ucraina, chiesta la mediazione straniera

Avanti a testa bassa verso il caos. Nessuno vuol cedere nella crisi politica che in Ucraina vede contrapposti presidente della Repubblica e capo del governo in un braccio di ferro che sempre più somiglia a una partita a poker in cui si continua ad alzare la posta per non lasciar vedere all’avversario il proprio bluff.
Molte sono le analogie con la crisi che portò alla «rivoluzione arancione» (filoccidentale) del dicembre 2004, ma ora la situazione appare capovolta: le migliaia di manifestanti che invadono le piazze della capitale Kiev seguono le bandiere blu del «partito delle regioni» del premier filorusso Viktor Yanukovich e quelle rosa e rosse dei socialisti e dei comunisti suoi compagni di strada. Gli «arancioni» tengono invece un basso profilo, vuoi per evitare disordini, vuoi perché probabilmente concentrati sull’obiettivo delle elezioni anticipate fissate dal presidente Viktor Yushcenko al 27 maggio.
Peccato che di queste elezioni il premier non voglia sentire parlare «in alcuna forma». E così, mentre Yushcenko rifiuta qualsiasi marcia indietro e anzi minaccia di trascinare in tribunale i funzionari che non daranno seguito al suo decreto di scioglimento del Parlamento, Yanukovich tenta di internazionalizzare la crisi e chiede la mediazione dei Paesi vicini. Il premier ha ovviamente citato la Russia, suo sponsor, ma anche la Polonia e l’Austria. Mosca tace, forse temendo di danneggiare Yanukovich, mentre il presidente polacco Lech Kaczynski ha subito offerto la propria disponibilità, seguendo così le orme del suo predecessore Aleksandr Kwasniewski che nel 2004 s’impegnò in prima persona.
Anche l’Unione europea si muove. Javier Solana, alto rappresentante per la politica estera dei Ventisette, ha telefonato ai «due Viktor» e a Julia Tymoshenko, l’alleata di Yushcenko che attualmente guida l’opposizione alla Rada, il Parlamento di Kiev. Solana, che già il 29 marzo aveva lanciato davanti al Parlamento europeo l’allarme sulla stabilità costituzionale in Ucraina e che tre anni fa aveva svolto un ruolo cruciale nella soluzione della crisi, ha invitato i tre protagonisti alla moderazione e al dialogo.
Dialogo quanto mai necessario dopo che l’agenzia internazionale di valutazione finanziaria Standard & Poor’s ha modificato la previsione di lungo periodo dell’Ucraina da «stabile» a «negativa». La causa dell’intervento è da ricercare nella situazione politica assai instabile che s’è venuta a creare nel Paese, e nelle incerte prospettive future. Restano invece per ora immutate le valutazioni sul debito ucraino.
Intanto, mentre la macchina organizzativa di Yanukovich continua a far affluire con bus e treni speciali nel centro di Kiev migliaia di attivisti (ora sono circa ventimila), per i quali suonano in piazza i gruppi musicali più popolari del Paese, si attende il cruciale verdetto della Corte Costituzionale ucraina, chiamata a giudicare la validità del decreto presidenziale con cui Yushcenko ha sciolto il Parlamento.

La Corte ha fatto sapere di aver avviato una procedura d’urgenza, ma che saranno comunque necessarie non meno di due settimane per avere un responso. I deputati ricorrenti avevano chiesto cinque giorni al massimo, ma dovranno aspettare. E con loro l’Ucraina, la Russia e l’Europa.

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