Capello alla finale, Benitez alla frutta, Moratti vuole il dolce

Qui Inter. Il ct dell’Inghilterra sarà al mondiale. Il presidente ad Appiano striglia e rincuora la squadra. Zanetti: «Ci ha chiesto la coppa»

Cavolata diventa quasi un vezzeggiativo. Molto più efficace dire figuraccia. Che si parli di Inter o di Milan. E perché non della Juve? A casa Inter hanno notato una certa benevolenza critica nei confronti dei disastri juventini in coppa. Si dirà: ma l’Inter è l’Inter, quella del triplete, tutto è amplificato. Anche dalle parole di Moratti, che non ha mai perso il vizio degli interventi a gamba tesa. Però la cavolata-figuraccia di Brema può avere doppia valenza: condannare ad un cammino a testa in giù per tutta la stagione. Oppure, perché no!, è stato l’elettrochoc necessario a risvegliare una squadra addormentata non tanto dalla civiltà dell’allenatore o dai suoi metodi d’allenamento, quanto dall’atmosfera asilo infantile che, evidentemente, domina nello spogliatoio e sul campo. Senza mai dimenticare gli infortuni che contano: Samuel, Julio Cesar, Maicon e Milito. Se, poi, anche al Milan capita che ci siano infortuni reiterati, nessuno si sogna di dar colpa al tecnico. Perché non chieder conto ai dottori?
Ieri Moratti ha provato a capirci qualcosa presentandosi ad Appiano con il classico bastone e carota. Zanetti ha riassunto per il popolo: «Il presidente ci ha detto che tiene tantissimo al mondiale e ci teniamo pure noi. È un’occasione unica. Ora dobbiamo essere uniti per raggiungere l’obiettivo. C’è la consapevolezza che tutto dipende da noi». Il capitano ha sempre una levità di parole e pensiero da render difficile l’interpretazione di un ambiente. Ma dalle poche puntualizzazioni se ne deduce che non tutti, finora, sono stati uniti e che non tutti avevano capito che vincere dipende dai giocatori, più che dal tecnico o dal presidente. Certo, l’Inter non ha un tipo come Ibra: entra in campo e la squadra cambia faccia ed anche aggressività. Moratti lo aveva ed ha dimenticato di trovare un alter ego. La droga Mourinho è durata due anni ed ha lasciato giocatori inceneriti. L’Inter non ha leader ed ora paga. Probabilmente pagherà anche Benitez.
Ieri il patron si è parlato faccia a faccia con il tecnico, dopo aver incontrato i giocatori che oggi voleranno ad Abu Dhabi, compresi i lungo degenti guariti (Milito, Maicon, Chivu). Ma con gli uni ha fatto vedere il solito lato debole: richiamo ai doveri, però senza esagerare con la voce grossa. Non sia mai che si spaventino! Con il tecnico un colloquio franco, senza rimangiarsi quanto detto il giorno prima. Nello spogliatoio di Brema, Benitez non era affatto di buon umore e le ragioni esposte a Moratti, per telefono nel post partita, non sono state alla camomilla. Ieri un riassunto delle puntate precedenti. E l’allenatore è andato via da Appiano tre quarti d’ora prima del patron. Il risultato del mondiale dirà in qual modo infine si lasceranno.
Invece Moratti e i giocatori si sono scambiati i regali di Natale: molti partiranno, in vacanza, da Abu Dhabi verso i paesi d’origine. Come dire: meglio goderseli prima, del dopo non si ha contezza. Ora, vista l’annunciata presenza di Fabio Capello alla finale, è possibile che il presidente si auguri di avere dal ct inglese il regalo preferito: un sì per la prossima stagione. Presenza già prevista, ha fatto sapere Don Fabio. Nulla a vedere con i problemi di Benitez. Sarà! Ma nulla vieta di pensare che non gli scappi di prendere appunti.
Ovviamente Capello non si farebbe vedere prima di giugno e dopo aver sottoposto a Moratti un’adeguata lista di rinforzi, ben sapendo che già ora questa squadra sarebbe da rifare almeno per la metà. Solo Moratti non aveva capito che due-tre rinforzi sarebbero stati necessari. Colpa di Mourinho, ovviamente: per due anni lo ha strattonato come si strattona una squadra, gli ha annebbiato la vista e reso il mondo più dolce, non gli ha permesso di fiatare salvo per scucire danari in cambio di giocatori. Capello è della stessa stirpe: fuori i danari e mi lasci lavorare. E il carattere dell’Inter si adegua ai suoi tecnici: nervosa, sbandata, sbadata, elettrica, mollacciona, muso duro. Par di rivedere la sfilata dei suoi allenatori nell’epoca morattiana. Il triplete è stato benedetto e maledetto. La sua maledizione anche peggio: niente podio per Sneijder nel pallone d’oro, niente Ambrogino d’oro.

E ieri l’ultimo colpo basso: Mourinho battuto da Del Bosque, il ct della Spagna mondiale, nella gara per la panchina d’oro (terzo Guardiola). L’Inter del triplete umiliata fuori campo, Mou messo in riga dai colleghi. Dietro a queste votazioni di allenatori e giornalisti si fa strada una morale: bisogna saper vincere. E convincere.

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