Capello, Guardiola e Mou i sogni di Moratti

Può succedere di tutto. Anni fa, raccontava Trapattoni che l’Inter è come una centrifuga: ne esci stordito e prosciugato. E ora ci risiamo: non è cambiato niente. Il lunedì del villaggio nerazzurro è tutto un affannarsi tra incredulità, amarezza, stupore. E un’unica certezza, rilanciata da Moratti ma pure dal buon senso: domani, contro il Twente, sulla panchina nerazzurra siederà Benitez. Sarà l’ultima volta? Probabile. Anzi certo, in caso di sconfitta. Qualche dubbio in caso di successo. Penserete: una vittoria allunga la vita. No, Benitez è già licenziato nella testa del presidente: da almeno una settimana. Ma se non trova un sostituto... che fare? Ecco, il tecnico spagnolo ha un solo alleato: la mancanza di un sostituto credibile pronto uso.
Ieri Moratti ha riproposto una fiducia molto limitata, mentre ad Appiano era schierato lo stato maggiore, come servisse una task force fuori dal campo e non sul campo. «Fiducia certo, ma intanto vediamo di fare un buon risultato con il Twente: stanchi o no, ci vorrà molta rabbia, altrimenti non si arriva a niente. Questo, dopo una sconfitta, è un giorno di fastidio, mai piacevolissimo. Ci si rende conto di essere un po’ più lontano, le giustificazioni sono quelle che conoscevamo: tante assenze e l’impossibilità di cambiare qualcosa, di avere maggiore vivacità. Però gli impegni sono questi e si va avanti cercando di rispondervi: a quelli di campionato e, soprattutto adesso, a quelli di coppa». I concetti scarni, la faccia grigia e ingrigita, quella puntualizzazione sul fastidio del giorno dopo, lo sbrigativo: «fiducia certo, ma vediamo di svegliarci» sono il segnale del tic toc, dei minuti contati.
Già ma il sostituto? Questo l’ostacolo che frena Moratti. Il giro del mondo degli allenatori gli ha già provocato un bel dispendio di bolletta telefonica: ha parlato con Spalletti, che però non può muoversi prima di un mese e vuole un contratto lungo (pare quattro anni). L’idea Leonardo è affascinante, ma rischiano in due: si sono già visti a pranzo qualche tempo fa. Diego Simeone conosce l’ambiente, è libero da vincoli contrattuali, ha voglia di allenare in Italia ed ha rilasciato una dichiarazione perfetta per chi conosce questo mondo. «È bello vedere il proprio nome accostato all’Inter, ma c’è grande rispetto per chi sta lavorando in questo momento». Detta così, sembra quasi il prescelto.
Il resto è occhio al futuro, più che all’immediato. Dopo aver tanto economizzato nella campagna acquisti estiva, c’è un altro problema: ora Moratti non può svenarsi per un tecnico part time. Nel part time possono entrarci Dunga, Klinsmann, Marcelo Bielsa, non Trapattoni che vuol vivere una vecchiaia più serena. Facile la lista dei preferiti a lungo termine. Capello in pole position, ma quasi impossibile sganciarlo in tempi brevi dalla federazione inglese. Senza contare il carico da 6 milioni di sterline che in Inghilterra gli pagheranno per altri due anni. Don Fabio, lui che è stato Mourinho prima di Mou, anche se gli sbavanti adulatori del portoghese non se ne sono accorti, sarebbe l’uomo adatto per la mission: portare a casa la coppa Intercontinentale, l’unico traguardo che interessa a Moratti. Non il campionato, nemmeno la Champions: conta solo vincere la coppa mancante. Eppoi vivacchiare chiudendo fra le prime quattro del campionato. Calcoli pericolosi, soprattutto con giocatori che sanno annusare il vento. Lo chiamano anno di transizione e loro lo prendono alla lettera.
Moratti cerca di stimolare una squadra addormentata dalla buona educazione di Benitez? Serve un motivatore? Dopo Mourinho, c’è solo Maradona. L’idea è di Emiliano Mondonico con tanto di analisi: «Evidentemente il presidente non cerca un allenatore, perché quello lo ha già: Benitez è uno dei più grandi del mondo. Se gli serve un motivatore, allora Maradona è il più grande dopo Mourinho. Lo prenda, anche e solo per sei partite, e ne caverà risultati. Lui ti fa sentire sempre un fenomeno». Fra l’altro Diego è in tour europeo ed è passato a trovare Mourinho, a vedere la squadra di Mancini, gli ultimi ex. Un caso? Ma è vero che Cambiasso e Zanetti, scartati per il mondiale, non gradirebbero.
Moratti avrebbe voluto Pep Guardiola fin da quest’anno. E ci riproverà. Ma ora che fare? Per la prossima stagione non è escluso il colpo di scena. Tra Mourinho e Madrid c’è poco feeling. Da quelle parti sono più furbi: apprezzano i successi, molto meno il resto. Mou continua a tempestare il clan nerazzurro con i suoi messaggi. Se dicesse: torno! Sarebbe accolto da trionfatore. Guarda caso, giusto in tempo per rifare la squadra ed essere accontentato da Moratti nella lista della spesa.

Ieri Louis Van Gaal, il tecnico del Bayern che conosce bene il calcio e parla con realistica rudezza, è stato felicemente (per la sottigliezza) velenoso: «L’Inter non va? Non dimentichiamo che anche il mondiale ha sicuramente influito su questo stato di cose. Naturalmente di tutti questi fattori era a conoscenza pure Mourinho....». Sottinteso: ed infatti se n’è andato. Van Gaal non ha bisogno di scrivere sviolinate sui giornali. Ma conosce il calcio e Mou.

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