«Il capo dello Stato critica la legge che Ciampi firmò»

Roma. «Vorrei ricordare a Napolitano solo un piccolo particolare e cioè che subito dopo il messaggio di Ciampi a cui lui ha fatto riferimento, il Parlamento modificò il disegno di legge Gasparri. E il nuovo testo, quello che ora l’Unione vuole modificare, l’allora Capo dello Stato lo firmò. Quindi lo condivise...». Il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli non vuole alimentare la polemica scoppiata tra il Colle e la Cdl per il riferimento che ha fatto Napolitano al messaggio di Ciampi alle Camere in occasione della prima versione del ddl Gasparri, ma «è giusto ricordare le cose per quello che sono...».
Il richiamo di Napolitano al discorso di Ciampi, insomma, per Calderoli, non è proprio «pertinente» visto che poi l’allora presidente della Repubblica alla fine il ddl Gasparri lo firmò. «Quindi ora Napolitano - sottolinea Calderoli - prende posizione a favore di un provvedimento che ora vuole riformare il testo che Ciampi condivise...».
«Contraddizioni» a parte, il senatore della Lega attacca il ddl Gentiloni osservando che si tratta di un provvedimento che ha «un solo scopo: quello ricattatorio. Deve cioè svolgere un ruolo da spada di Damocle. Del resto basta vedere la data in cui i canali dovrebbero andare sul satellite. E appare evidente come si sia voluto solo puntare a ricattare l’opposizione. Comunque a fare le leggi è il Parlamento e solo quando arrivano in Parlamento è giusto parlare...».
Analoghe prese di posizione vengono anche da Gianfranco Rotondi, segretario della Democrazia cristiana. «Le istituzioni del Paese per natura sono al di sopra delle parti. Così devono continuare ad essere, senza scendere nell’agone politico. La controriforma televisiva va discussa tra le forze politiche.

Sarà dura per il centrosinistra farla passare in Parlamento e nel Paese perché suona come una vendetta nei confronti del leader della Cdl Silvio Berlusconi. Qui non si tratta di essere o non essere partito di Mediaset, piuttosto si tratta di difendere il mercato ed evitare lo spogliamento di un’azienda simbolo dell’Italia nel mondo».

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