Politica

IL CAPOGRUPPO PDL FABRIZIO CICCHITTO

Roma«Affermazioni ammiccanti» di cui «non se ne comprende il senso», da «rispedire al mittente». Fabrizio Cicchitto non ci sta al «gioco al massacro» con cui Walter Veltroni, intervistato ieri da Repubblica, prendendo spunto dalle parole del procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, instilla dubbi e sospetti, ipotizzando il tradimento di un pezzo di Stato, forse corresponsabile delle stragi che costarono la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tanto da richiedere che sulla specifica questione sia premier che governo «rispondano e non tacciano». Ma per il capogruppo del Pdl alla Camera, «non ci capisce davvero cosa chiede Veltroni...».
Eppure sembra chiaro.
«L’unica cosa chiara è che l’attuale esecutivo, più di ogni altro, è impegnato da sempre nella lotta alla mafia. Con un’azione intrapresa, già dal precedente governo Berlusconi, tra il 2001 e il 2006, che si concluse con l’arresto di Bernardo Provenzano. Proprio il personaggio più ambiguo e chiacchierato, se parliamo di eventuali rapporti tra mafia, settori di forze dell’ordine e politica. Ecco perché dico: si guardi altrove».
Ok, ma in quale direzione?
«Per capirci, nel ’92-’93 Berlusconi non poteva infilare neanche il dito mignolo negli apparati dello Stato, né tantomeno nei servizi. Se si vuole quindi fare chiarezza, si volga lo sguardo da un’altra parte».
Riproviamo: verso dove?
«Lungi da me equivocare, alludendo a chiamate di responsabilità dirette. Ma ricordo che i ministri dell’Interno dell’epoca erano Scotti e Mancino, mentre alla guida del Sisde si alternarono Malpica (’87-’91), Voci (’91-’92), Finocchiaro (’92-’93) e Salazar (’93-’94). È solo un elenco, ci mancherebbe, da cui però si comprende bene come Berlusconi non poteva condizionare né controllare nessuno».
Sì, ma dicono che stava per nascere Forza Italia e...
«Si fermi qui, pure in questo caso va fatta chiarezza».
Ci provi allora.
«Sappiamo tutti quale travaglio portò alla sua nascita, dopo la distruzione del pentapartito per via mediatico-giudiziaria, con una regia che mirava ad annientare chi rappresentava l’anticomunismo. E le assoluzioni postume di Andreotti (accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, dal 1980 in poi, ndr), Mannino e Formica, ribaltano la lettura di Veltroni. Quindi la manina, semmai, con cui si indirizzava l’azione dei tribunali, apparteneva alla sinistra e ad alcuni settori politicizzati della magistratura».
L’ex segretario Pd chiede risposte per «prevenire il possibile ripetersi» di strategie eversive della mafia.
«Sono parole oscure e di difficile lettura. Nessuno di noi, neanche all’interno del Copasir, ha mai avuto il minimo sentore o avvertimento dai servizi. Se lui sa qualcosa, allora parli».
Sempre Veltroni: Berlusconi ascoltò le intercettazioni su Fassino, passandole al giornale di famiglia. «Procedura» simile per il caso Marrazzo. Insomma, «il Watergate era meno».
«È tutto alla rovescia.

La prima vicenda è stata nettamente smentita, nella seconda si limitò ad avvertire Marrazzo che c’era in giro materiale contro di lui».

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