Se un «ricco», un signore con uno stipendio sui 3mila euro al mese, si fosse trovato ieri al convengo dei giovani industriali a Capri, si sarebbe davvero stupito. Ma come, si sarebbe chiesto? Tanto fair play da parte degli industriali nei confronti di un governo che li sta danneggiando? La politica è fatta così: i messaggi si mandano in bottiglie sigillate e un po' opache. Anche se quelli che ha inviato Luca Cordero di Montezemolo sono piuttosto chiari. Ha svelato ciò che appare sotto gli occhi di tutti. Questa manovra ha un azionista di riferimento, che si chiama Cgil. Mica poco per Montezemolo, abituato al fioretto delle sue battute. Una giravolta per chi aveva fatto proprio dell'appeasement con la Cgil un suo punto di differenziazione rispetto alla passata gestione. Il fronte con il sindacato massimalista si riapre. E andando avanti con garbo ha smontato le impostazioni punitive di questa Finanziaria, ha sostenuto che il capitolo della spesa pubblica non è stato toccato, ha gridato il suo stupore per lo scippo da 5 miliardi sulle liquidazioni. Insomma gli industriali dopo aver dato unapertura di credito all'esecutivo Prodi al suo esordio, si sono scontrati con una realtà ben diversa. Certo nel saldo del dare-avere l'impresa si è portata a casa il cuneo fiscale: ossia una sorta di mini-svalutazione della lira. Tre punti percentuali in più di maggiore competitività.
Fuori dalle stanze di Capri però, il garbo di Montezemolo lascia il passo. E prende una piega meno contrattualista. Insomma sentirsi ribadire da Padoa-Schioppa l'attualità del suo fondo intitolato «l'elogio delle tasse», apparso sul Corriere della Sera all'indomani delle riduzioni fiscali di Berlusconi, fa evaporare qualsiasi diplomazia.
E ci fa capire che il filo rosso che tiene insieme questa maggioranza è proprio questo bulimico desiderio di mettere le mani nelle nostre tasche. Ci si arriva per strade diverse, ma l'intera maggioranza arriva alla stessa meta. C'è la componente massimalista che vede nelle imposte la buona occasione per una sana «ripicchetta sociale». C'è la componente professorale, tecnica, che con le imposte sogna di finanziare una macchina di efficienza e sviluppo, che sarebbe poi la nostra pubblica amministrazione. C'è poi la componente cattolica-solidarista che l'Hayek del «miraggio della giustizia sociale» lo ha visto in cartolina, e ancora ci racconta che con le imposte si crea un paradiso in terra. Insomma mentre tutto il mondo ha sperimentato la necessità di uno Stato minimo e ben finanziato, noi continuiamo con lo Stato cicciotto.
Padoa-Schioppa che ha il coraggio delle sue idee, ha confessato ieri di aver forse comunicato male alcuni aspetti di un documento complesso come la Finanziaria. Non ha blandito la platea di imprenditori e sul rinnovo dei contratti del pubblico impiego ha detto: «La conflittualità è l'anticamera dello sbraco dei conti», riferendosi evidentemente all'arrendevolezza nei confronti delle richieste sindacali. Ciò che a nostro modesto avviso non è chiaro a questo governo è proprio ciò che evocava Padoa-Schioppa. Non si ricorda Finanziaria che abbia più diviso le categorie, che abbia gettato più conflittualità nel tessuto sano della nostra economia, che abbia diviso esplicitamente in due i cittadini: i ricchi da una parte, i poveri dall'altra.
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