Politica

Cappotti tricot e giochi d’intarsi In scena la sensualità della lana

Laura Biagiotti presenta una collezione opulenta ma molto portabile. Per Marani in pista la linea della figlia Giulia con i minidress in maglia

È finita così, senza neanche un po’ di tenerezza. Anna se n’è andata via lasciando a piedi il resto della moda e ieri il lunedì sembrava più lunedì del solito. Meno male che, anche senza la Wintour, l’Italia resta il Paese di sempre, talmente fantasioso che la scritta made in Italy dovrebbero metterla alla frontiera, perché non è solo un modo di vestire ma è proprio un modo di vivere.

Prendiamo il caso delle Mini: praticamente un film di Totò e Peppino. Le Mini, per intenderci, sono quelle affascinanti macchine che la Bmw - per un accordo con la Camera della moda - mette a disposizione dei giornalisti al seguito delle sfilate. Niente mecenatismo naturalmente, ma un sano e brillante modo di farsi un po’ di pubblicità. Di solito funziona che a Mini consegnata corrisponda anche un autista - pardon, un driver - che nei giorni della moda accompagna le nostre eroine in penna e tacchi improbabili a caccia della notizia (?). Il nostro eroe, ad esempio, si chiama Pietro, eroe non tanto per aver guidato una macchina ma per averlo fatto con le mie amiche della moda a bordo. Del tipo: Pietro vai di qua, Pietro tienimi queste 47 cartelle stampa senza farle cadere, Pietro muovi le chiappe e andiamo, Pietro parcheggia lì e non ti muovere neppure se arriva il carro attrezzi. Capirete che è un inferno.

Ma il povero Pietro (e i suoi colleghi autisti, pardon drivers) ne ha passata una ancora peggio. Già perché, ritornando appunto a Totò e Peppino, gli autisti (pardon, drivers) a un certo punto non hanno più potuto guidare. Le mie amiche della moda hanno cercato confusamente di spiegarmi il perché e pare che mancasse un’autorizzazione da non si sa bene quale ufficio, l’unica cosa certa è che la polizia ha cominciato a inseguire le Mini per tutta la città con il compito di sorvegliare tutti i Pietro della moda. Poiché la regola era: tu, Pietro, non puoi guidare e quindi tu, amica della moda, arrangiati. Il finale appunto è da film: Mini sfreccianti per le vie della moda con giornaliste al volante e i poveri Pietro trattati da navigatori mentre reggevano telefonini con vivavoce inserito nel quale l’inviata intanto ululava qualcosa d’incomprensibile al suo capo. Dietro, come un’ombra, la volante di turno, con dentro agenti scelti che comunicavano con la centrale per sapere qual era la prossima sfilata in calendario. Applausi. E alla fine, diciamolo, bisognerà pure chiederle scusa: quando la Wintour dice che Milano è una roba da pazzi forse non ha tutti i torti...

Ps. Qualcuno mi ha chiesto se il fatto che in questi giorni io abbia nominato solo le mie amiche della moda significhi che non esistono giornalisti uomini del settore. Niente affatto, esistono eccome, e sono anche bravi a emergere in un ambiente davvero difficile. Uno di loro, di quelli che contano, mentre aspettava di partire per Parigi ha perso un po’ del suo tempo a leggere questa rubrica e di questo lo ringrazio. La mia amica della moda mi ha anche detto che lui è tanto simpatico: crede perfino che il suo cane sia un fotomodello. Non si preoccupi: comprendiamo e sappiamo perché.

E gli siamo vicini.

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