Carabinieri, poltrona per tre tra veti incrociati

Gian Marco Chiocci

da Roma

Una poltrona scomoda, ma ambitissima. È quella del comandante generale dei carabinieri, ufficialmente libera dal 5 maggio prossimo, di cui si va discutendo la nomina in queste ore sullo sfondo di una serie infinita di veti incrociati che ne paralizzano la decisione. Con grande disappunto della base e del suo sindacato Cocer che chiedono tempi rapidi per il nome e tempi lunghi per un incarico che dia stabilità alla Benemerita (minimo quattro anni, come la Guardia di finanza) non ci si riesce a mettere d’accordo sul successore del generale Luciano Gottardo, primo comandante d’estrazione interna all’Arma. Gottardo è prossimo al pensionamento al pari del generale Alfonso Venditti, candidato gradito al Quirinale quanto al ministro Antonio Martino ma non al resto dei partecipanti all’ultimo Consiglio dei ministri, che ne hanno bocciato sonoramente la nomina, accampando motivazioni di varia natura, non ultima quella della mancanza di fondamentali requisiti per un posto di così alto prestigio (Scuola di guerra, Accademia militare) già sollevati in occasione della nomina di Gottardo. Analoga sorte è toccata ad un altro importante candidato dato per «vicino» al Quirinale ma soprattutto al ministro Martino avendo presieduto l’ufficio legislativo di via XX Settembre: il generale Elio Toscano, capo di stato maggiore dell’Arma, oggetto di accese polemiche in occasione del blitz estivo di due anni fa che senza preavviso tagliò fuori l’allora numero due dei carabinieri, il generale Giorgio Piccirillo, passato a comandare le «Unità mobili e specializzate», amatissimo dalla base e dal Cocer, nome su cui oggi convergono peraltro tutti i ministri, ad eccezione del solo responsabile della Difesa. Con Toscano apparentemente fuori dai giochi anche per la sortita dell’ex presidente Cossiga che dopo avergli riconsegnato gradi e divisa di appuntato ad honorem (l’ottobre scorso) adesso ha chiesto pubblicamente le sue dimissioni «per i tentativi di farsi nominare comandante dell’Arma» seguendo percorsi non consueti, qualche chances sembrano averla il generale Gianfranco Siazzu, comandante interregionale carabinieri «Pastrengo» di Milano, il collega Roberto Santini, vicecomandante della struttura di di viale Romania, e il generale Roberto Cirese, uomo di punta dell’Arma nel Nord-Est. Tutti ufficiali di prestigio, ma tutti vicini alla pensione.
Questa situazione di impasse politica e di contrasti interni all’Arma fa, involontariamente, il gioco dell’opposizione che di fronte alla girandola di nomi e di contestuali bocciature segue due strade nell’attesa di sapere quale sarà quella destinata a portare più lontano. «Di fronte a tanta confusione e agitazione» ha detto Marco Minniti dei Ds, «forse sarebbe il caso di rinviare tutto a dopo il voto». Il fine è chiaro: far nominare il comandante al centrosinistra qualora dovesse vincere le elezioni. In subordine l’opposizione spingerebbe, senza scoprirsi, ad una soluzione finalizzata a trovare un accordo fra Martino e tutti i ministri contrari a Venditti e Toscano.

Una soluzione di natura «intermedia», ovvero un incarico di massimo due anni per il successore di Gottardo: col risultato che l’Arma vivrebbe un altro periodo di instabilità dovuto al «breve periodo», mentre il nuovo esecutivo avrebbe la possibilità di avere ugualmente un comandante di suo gradimento, anche se postdatato.

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