Vincent Pomarède è conservatore generale del Patrimonio e direttore del Dipartimento dei Dipinti del Louvre. Fine conoscitore d'arte, è grande appassionato di George de La Tour, che considera una figura ancora tutta da scoprire. Lo abbiamo incontrato a Milano, dove è giunto per inaugurare la grande mostra a Palazzo Marino.
Professor Pomarède, i critici ancora oggi s'interrogano sulla vita e sulle opere di George de La Tour: perché questo artista del Seicento continua ad affascinare?
«De La Tour è un enigma per noi. Fino ai primi anni del Novecento era sconosciuto, era considerato al di fuori della storia dell'arte e cera persino chi metteva in dubbio la sua esistenza. Questo perché le sue opere sono spesso state mal conservate, a volte persino ridipinte, con la firma contraffatta. Solo in tempi recenti si è colta l'importanza di questo artista, di cui però rimangono molti misteri sulla sua biografia».
Si parla spesso di un suo viaggio in Italia.
«Sì, ma non ne abbiamo prove. È certo, e documentato anche nei suoi dipinti, che visse in Lorena, che viaggiò in Francia, probabilmente a Nancy. Ma non abbiamo dettagli sulla sua infanzia, tantomeno sulla sua formazione. Quali quadri di caravaggisti ha visto in Francia? Quante e quali opere di Caravaggio ha potuto vedere? È stato in Italia? Non possiamo rispondere con sicurezza a queste domande: non sono stati trovati documenti utili a ricostruire importanti tasselli della sua vita».
George de La Tour è definito il «Caravaggio francese».
«Ci sono innegabili similitudini tra i due: entrambi lavorano sulla luce ed è attraverso la luce che costruiscono l'intera composizione dei loro quadri. Tuttavia, Caravaggio è il pittore dell'eccesso, della paura, dei sentimenti forti e violenti mentre de La Tour ha uno stile pacato, intimo, quotidiano, dove prevale la dolcezza e la dimensione familiare. Pensiamo ai soggetti religiosi scelti da questi due pittori: Caravaggio predilige episodi della vita adulta di Gesù, de La Tour la nascita o l'infanzia».
In che modo possiamo allora dire che de La Tour fu influenzato da Caravaggio?
«Non dobbiamo pensare solo a Caravaggio, ma alla moda del caravaggismo che fu dirompente nell'Europa di quegli anni: fu una sorta di rivoluzione della pittura, e conquistò anche l'arte fiamminga e quella tedesca. Ogni Paese, nel Seicento, declinò la lezione del Caravaggio in modo diverso e de La Tour non fu insensibile alla lezione dei caravaggisti europei».
Che cosa sappiamo dei protagonisti dell' Adorazione dei pastori?
«Non conosciamo l'identità delle persone ritratte, però sappiamo con certezza che de La Tour lavorava su modelli reali. Spesso erano professionisti in posa in studio, a volte erano vicini e conoscenti, ma mai ritratti per ciò che rappresentavano singolarmente quanto per esprimere tipi umani generali. Ciò che a George de La Tour interessava quando ritraeva i suoi compaesani di Lunéville vestiti con gli abiti dell'epoca era fermare sulla tela un tipo umano universale».
George de La Tour solo di recente gode dell'attenzione dei critici: in che stato di conservazione sono le opere ora esposte a Milano?
«I dipinti sono più o meno fragili a seconda della loro storia e dei restauri che hanno subìto: il San Giuseppe falegname è stato meglio conservato, non è stato restaurato in passato dunque è meno fragile dell' Adorazione dei pastori che è stata più volte ritoccata da varie mani con ridipinture successive. Tutto ciò rientra nel discorso sulla scarsa fortuna critica di de La Tour: in molte sue opere è stata cancellata la firma, molti pezzi sono andati persi o ridipinti completamente. Compito degli storici dell'arte ora è 'ricostruire' la carriera di de La Tour e dare a questo artista il posto che gli spetta tra i grandi della storia dell'arte».
La mostra-evento è diventata una tradizione quasi natalizia per i tanti milanesi che si mettono in coda davanti a Palazzo Marino. Quale sarà il prossimo capolavoro del Louvre in arrivo nella città della Madonnina?
«È presto per dirlo.
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