Cronache

Carceri di nuovo piene, caccia al colpevole

Carceri di nuovo piene, caccia al colpevole

(...) Salamone spiega che è inutile continuare a polemizzare sull’indulto: «I suoi effetti sono finiti, le carceri sono di nuovo piene. Le ragioni? Forse c’è stato un aumento degli arresti o un minor ricorso a strumenti di pena alternativi. O i tempi della giustizia fanno sì che le detenzione in attesa di processo si allunghino».
A Marassi (dato di inizio mese) i detenuti sfiorano quota 600: per legge dovrebbero essere 450, al momento dell’indulto erano 650. «Da noi, a Chiavari, i detenuti sono 75 - racconta Maria Milano, direttrice della casa circondariale - Siamo sopra la capienza ottimale (69), ma considerati i numeri bassi non ci sono rischi di tensioni legate al sovraffollamento». Nessuno dei detenuti usciti da Chiavari per l’indulto vi ha fatto ritorno per aver commesso altri reati. «Quanto si fa dentro il carcere aiuta a ricostruirsi una vita una volta tornati in libertà - spiega ancora la direttrice - È comunque fondamentale avere una famiglia, degli affetti».
A Sanremo 4 dei 40 detenuti ai domiciliari «liberati» dall’indulto sono tornati in galera (il 10 per cento). «Prima dell’indulto superavamo quota 300, ora siamo già risaliti a 280 - spiega Francesco Frontirrè, il direttore del carcere - La capienza prevista dalla legge? Centonovanta, con i detenuti su letti singoli... un sogno. Perché dopo pochi mesi le carceri sono di nuovo “a tappo”? È una cosa che lascia perplessi. Qualcosa nelle leggi evidentemente non funziona e la colpa non è certo delle carceri». Frontirrè ha una spiegazione: «C’è l’idea diffusa che chi commette un crimine ha alte probabilità di farla franca. Le ragioni sono tante, manca la polizia, non c’è certezza della pena. Sta di fatto che oggi, per ipotesi, il cittadino vede che su 100 reati solo 20 sono perseguiti. Perseguirli tutti è un ottimo deterrente».
Ma nel frattempo bisogna rifare i conti con le celle strapiene. Il direttore di Marassi, dove due terzi dei detenuti sono stranieri e tossicodipendenti, ha chiesto che i primi scontino la pena nei Paesi di origine e i secondi siano curati fuori dalla prigione. «Tutte idee valide, se il territorio ti aiuta» commenta la direttrice di Chiavari.

«La verità è che in Italia le pene sono in media lunghe, col patteggiamento o il rito abbreviato c’è lo sconto della pena, tra una cosa e l’altra rimane poco carcere da fare e non scattano strumenti alternativi - conclude Frontirrè- Il sovraffollamento? Noi siamo abituati a lavorare nell’emergenza».

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