RomaScopo della politica «è la giustizia». Missione del politico è lamore per gli altri, la volontà di costruire la polis. Se si intende la politica nel senso etimologico e più alto del termine, come «guida giusta» di una società, la lectio magistralis del presidente della conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, ieri alla Summer School organizzata dal Pdl a Frascati, è stato un intervento politico a trecentosessanta gradi. Bagnasco non si è in realtà riferito a nessun tema specifico, e non ha, come prevedibile, parlato di nessuno. Ma il suo messaggio al pubblico della sesta edizione della kermesse promossa dalle fondazioni Magna Charta e Italia Protagonista - che fanno capo rispettivamente a Gaetano Quagliariello e Maurizio Gasparri - è un intervento molto deciso della Chiesa nella politica attuale: i cattolici non devono più rimanere chiusi in sacrestia, come vuole un certo pensiero «dominante». Soprattutto in un contesto come quello attuale in cui il rischio, valuta Bagnasco, è che siano intaccati «i valori morali e spirituali della società», il che significa «attentare alla sua integrità e alla sua unità». La politica per la Chiesa è al contrario «una forma alta di carità». E questo i cattolici hanno il diritto di dirlo e di difenderlo, è il pensiero della guida dei vescovi italiani. Perché qualcuno, dice il cardinale, vorrebbe relegare la fede alla «sfera del privato». Negandone così «la dimensione pubblica».
Qualcuno «oggi vorrebbe che la Chiesa tacesse - ha spiegato Bagnasco alla platea della scuola politica del Pdl - perché ogni sua parola viene giudicata come uningerenza nelle questioni pubbliche e politiche». Vorrebbe «che la Chiesa rimanesse in sacrestia», perché «la preghiera in fondo non fa male a nessuno e la carità fa bene a tutti».
«È davvero singolare - obietta il presidente dei vescovi - che a tutti si riconosca come sacra la libertà di coscienza, mentre dai cattolici si pretenda che prescindano dalla fede che forma la loro coscienza».
La Chiesa ha invece il dovere di essere attiva per far sì che «la società non diventi dei forti e dei furbi, cioè disumana».
Il rischio di una politica interpretata nella maniera sbagliata, è il monito del numero uno della Cei, è che finisca con lo sgretolare «in nome di ideologie o di altri interessi, ciò che consente a ciascuno di sentirsi parte di un tutto». Interessi frutto di una «visione materialista delluomo e del mondo», un «nichilismo di senso e di valori» in una società del consumismo «spettro ridente» che concepisce lesistenza come una «spasmodica spremitura di soddisfazioni e di godimenti fino allestremo».
La politica deve, al contrario, rispettare «lanima della Nazione fatta di gente e di terra, di storia e di cultura», e non può dunque tradire «il popolo in ciò che ha di più profondo e caro», un patrimonio «ideale che consente di sentirsi famiglia».
«I pastori, poi - ha proseguito larcivescovo di Genova - si vorrebbe che tacessero salvo che dicano cose gradite alla cultura che appare dominante perché ha potere di parola; in caso diverso, spesso si grida allingerenza. Francamente, mi sembra che si usino due pesi e due misure».
Lo sprone ai cattolici questa volta è chiaro, insistente: «Il dovere della Chiesa a dire ciò che deve perché lumano non scompaia dal mondo».
Il cardinale Lectio magistralis a Frascati
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